Capitolo 1

Capitolo 1: Comunque, Hachiman Hikigaya è marcio.

1-1

La mia professoressa di giapponese, Shizuka Hiratsuka, s’infuriò mentre leggeva ad alta voce il mio tema. Mentre ascoltavo, mi rendevo conto di quanto le mie capacità come scrittore fossero tutt’altro che buone. Pensavo che se avessi messo insieme un po’ di paroloni sarei sembrato intelligente, ma alla fine suonava solo come un mezzuccio cui avrebbe pensato uno scrittore di seconda categoria.

Detto questo… Sarà per quello che mi ha chiamato? No, è impossibile. Ero già conscio della scarsa qualità del mio tema. Dopo che ebbe finito di leggere, la professoressa Hiratsuka si mise una mano sulla fronte e sospirò profondamente.

“Senti Hikigaya, qual era il compito che avevo dato durante la lezione?”

“Beh, era un tema dal titolo ‘Rivisitando la vita da liceale’.”

“Esatto. Mi spiegheresti allora perché hai scritto una lettera minatoria[1]? Sei un terrorista? O forse sei solo un idiota?”

Sospirò un’altra volta e, infastidita[2], si passò una mano tra i capelli.

A pensarci bene, se si usasse il termine ‘signorina’ invece di ‘insegnante donna’[3]suonerebbe decisamente più erotico. Proprio mentre sorridevo tra me e me, pensando queste cose, un rotolo di carta mi colpì la testa.

“Stai attento!”

“Sì.”

“I tuoi occhi sembrano quelli di un pesce marcio.”

“Sembrano davvero così ricchi di omega-3? Mi fa sembrare intelligente.”

Sul suo volto si dipinse uno strano sorriso.

“Hikigaya, perché hai scritto un tema così astruso? Vorrei che almeno mi fornissi una qualche ragione.” I suoi occhi brillarono, tanto che sembrava mi stesse pugnalando, e aveva uno sguardo così torvo da far calare il silenzio. Solo una donna condannata a essere bellissima sarebbe stata capace di un’espressione così intensa da essere preoccupante, tanto da attirare chiunque contro la propria volontà e sopraffarlo. Non scherzo, era davvero spaventosa.

Iniziai a balbettare “Beh, ecco, io… ho riflettuto sulla vita da liceale, no? La vita da liceale, al giorno d’oggi, è davvero così! Il mio tema non è senza senso!” Mi basta parlare con gli altri per diventare nervoso, a maggior ragione quando parlo con una donna più grande di me.

“In genere, una domanda simile ti porterebbe a riflettere sulle tue esperienze, non credi?”

“Allora la pregherei di specificarlo prima della domanda. Se l’avesse fatto avrei scritto il mio tema tenendolo presente. Non è forse colpa sua, che ha posto una domanda fuorviante?”

“Ah, smettila di essere così pedante, ragazzino.”

“Ragazzino? Beh, visto da qualcuno della sua età devo per forza sembrarle giovane.”

Spirò un soffio di vento. Era un pugno, scagliato senza alcun segno di movimento. Ed era per giunta un pugno spaventoso, che aveva sfiorato per un pelo la mia guancia.

“Il prossimo non ti mancherà.” I suoi occhi erano dannatamente seri.

“Sono desolato, lo riscriverò.” Devo scegliere attentamente le parole se voglio dimostrare una qualche forma di rimorso e di rimpianto. Ma di tutti i modi in cui si poteva descrivere la professoressa Hiratsuka, di certo non la si poteva definire soddisfatta. Sembrava non mi restasse altro da fare che inginocchiarmi e prostrarmi ai suoi piedi.

Cercai di lisciare le pieghe dei miei pantaloni e, intanto che li sistemavo, la mia gamba destra si piegò e si appoggiò al pavimento. Fu un movimento veloce e fluido.

“Sai, non sono arrabbiata con te.”

Ecco, ora ci siamo. Dicono sempre ‘Non sono arrabbiato, spiegami per favore’. Non ho mai visto nessuno dire così e non arrabbiarsi. Per mia sorpresa, però, non era davvero arrabbiata. Se lasciamo perdere quando ho parlato della sua età.

Osservai furtivamente la sua reazione mentre mi alzavo da terra.

La professoressa Hiratsuka prese dalla tasca rigonfia di fronte al suo seno prorompente una Seven Stars[4], battendone il filtro sulla scrivania. Era un gesto da vecchi. Dopo aver compresso il tabacco usò un accendino da 100 yen per accendersi la sigaretta. Fece un tiro e mi squadrò con lo sguardo serio.

“Non sei in nessun club, vero?”

“Esatto.”

“Hai forse degli amici?”

Me lo chiese come se già pensasse che non ne avessi.

“Beh, l-le faccio presente che vivo secondo la virtù dell’imparzialità, e quindi non mi è possibile avere rapporti particolarmente intimi con le altre persone.”

“Che significa che non ne hai, giusto?”

“B-beh, in definitiva…”

Come se conoscesse in anticipo la mia risposta, il volto della professoressa Hiratsuka sprizzava di energia.

“Allora è così! Non hai amici per davvero! Proprio come immaginavo. Mi è bastato vedere quegli occhi marci una volta per capirlo!”

Le è bastato guardare i miei occhi? Allora poteva risparmiarsi di chiederlo.

Fece cenno di sì con la testa, come per dire ‘ecco, sì’, e mi guardò con espressione schiva.

“E invece una ragazza o qualcosa del genere ce l’hai?”

Che intendeva con ‘qualcosa del genere’? Cosa avrebbe fatto se avessi risposto che avevo un ragazzo?

“Per ora no.”

Tenendo presenti le mie speranze per il futuro, enfatizzai il ‘per ora’. Non si sa mai.

“Capisco…”

Stavolta mi fissò intensamente, con occhi vacui. Sperai davvero che fosse colpa del fumo della sigaretta.

Ehi, la smetta. La smetta di compatirmi con quello sguardo così dolce.

Comunque, dove voleva arrivare con tutte queste domande? Che la professoressa Hiratsuka fosse uno di quegli insegnanti troppo entusiasti?

Avrebbe iniziato a straparlare, dicendo che sono quell’unica mela marcia che rovina tutte le altre?

Che fosse stata una delinquente, espulsa dal liceo e tornata come insegnante?[5] A parte tutto, non poteva tornarci e farla finita?

“Bene allora, la risolveremo così. Riscrivi il tuo tema.”

“Va bene.”

E lo farò per certo.

Stavolta scriverò un tema decisamente appropriato e inoffensivo, un po’ come i blog delle idol gravure e delle doppiatrici.

Qualcosa come… ‘Oggi a pranzo ho mangiato, tipo… curry!’

Che poi, perché scrivono ‘tipo’? Non c’è nulla in quella parola che aumenti la sorpresa provocata dall’aver mangiato del curry.

Finora era andato tutto come avevo previsto. Ma quel che seguì andava ben oltre la mia immaginazione.

“In ogni caso, resta il fatto che le tue parole e il tuo comportamento insensibili hanno ferito i miei sentimenti. Non ti hanno mai insegnato che non si parla di età a una donna? Come risultato, dovrai entrare a far parte del Club di Volontariato. Le malefatte vanno punite.”

Più che ferita sembrava decisa e risoluta. Anzi, era più vivace[6] del solito e parlava in modo allegro.

Pensandoci, la parola vivace mi fece accidentalmente venire in mente qualcos’altro… Smisi di relazionarmi alla realtà e finii per pensare al seno della professoressa sotto alla sua maglia.

Imperdonabile… Ma ripensandoci, che tipo di persona si diverte a punire gli altri?

“Il Club di Volontariato… E cosa vorrebbe che facessi, lì?” chiesi timidamente. Avevo la sensazione che mi avrebbero chiesto di ripulire i canali di scolo o, peggio, di rapire delle persone.

“Seguimi e basta.”

La professoressa Hiratsuka spense la sigaretta in un posacenere stracolmo e si alzò. Io invece ero immobile, senza alcuna spiegazione o chiarimento alcuno, ma la professoressa era già alla porta e mi stava guardando.

“Ehi, muoviti.”

Accigliato e scuro in volto, la seguii.

1-2

L’edificio scolastico del Liceo Municipale Soubu di Chiba ha una forma lievemente irregolare. Se lo si guarda dall’alto assomiglia al kanji di ‘bocca’ (口) o al katakana di ‘ro’ (ロ). Se a questo si aggiunge l’edificio degli audio-visivi in basso, si ha una visuale complessiva della nostra scuola. L’edificio nel quale si trovano le classi è sul lato vicino alla strada e si trova dalla parte opposta rispetto all’edificio speciale. Un passaggio al secondo piano li collega e da questo ne deriva la forma quadrata.

L’area racchiusa tra gli edifici è il cortile sacro ai riajuu. Durante l’ora di pranzo, ragazzi e ragazze mangiano qui insieme. Una volta finito, giocano a badminton per digerire. Finite le lezioni, quando l’ultimo raggio di sole illumina l’edificio, parlano d’amore e guardano le stelle, mentre soffia una lieve brezza salata.

Ma scherziamo?

Visti da fuori sembrano degli attori di una fiction per ragazzi che provano a recitare al meglio la loro parte. Mi vengono i brividi al solo pensiero. In una fiction del genere probabilmente farei la parte dell’albero o di qualcos’altro di simile.

I tacchi della professoressa Hiratsuka risuonavano sul pavimento in linoleum e sembrava fosse diretta all’edificio speciale.

Avevo un brutto presentimento.

Tanto per cominciare, il ‘Club di Volontariato’ non presagiva nulla di buono. La parola ‘volontario’ in questo contesto non era intesa in alcun senso comune, piuttosto sembrava decisamente restrittiva. Come per esempio quando ci si riferisce al genere di servizio volontario[7] che una maid fornisce al suo padrone. Se fosse stato quel genere di ‘volontariato’ sarebbe stato decisamente positivo e mi avrebbe fatto venir voglia di dire ‘Letsu Party!’.[8]

Ma cose del genere non avvengono nel mondo reale. A pensarci bene, avvengono se paghi il giusto prezzo. Ma se il denaro può comprare tutto, anche questo genere di cose, allora non ripongo alcuna speranza e non ho alcun sogno in questo mondo marcio. Comunque il concetto di ‘volontariato’ non presuppone niente di buono.

Tra l’altro, avevamo ormai raggiunto l’edificio speciale. Mi toccherà svolgere mansioni come muovere il piano dell’aula di musica, ripulire il laboratorio di biologia dai residui degli esperimenti o sistemare i libri nella biblioteca. In quel caso, devo prendere delle precauzioni.

“Ho un problema cronico alla parte bassa della schiena… Come si dice… er… er.. herpes? Ecco…”

“Credo tu intenda dire ‘ernia’. In ogni caso non ti devi preoccupare, non ti chiederò di svolgere lavori manuali.” La professoressa Hiratsuka mi fissò con uno sguardo decisamente disgustato.

Bene, allora. Che siano compiti da svolgere alla scrivania o un qualcos’altro di intellettuale? Quel genere di compiti implica un lavoro alienante che è anche più stancante del lavoro manuale. Somiglia alla tortura dello scavare una buca per poi riempirla nuovamente.

“Ho questa malattia che mi fa morire quando entro in una classe.”

“Che cecchino col nasone mi ricorda…? Quello dei pirati dal cappello di paglia, per caso?”[9]

Ma quindi lei legge i manga shounen?

A dire il vero, lavorare duramente da solo non mi dava fastidio. Se avessi premuto un interruttore nella mia testa, che dimostra che sono una macchina, non ci sarebbe stato alcun problema. In definitiva cercherò di ottenere un corpo meccanico per poi finire per diventare un bullone.[10]

“Siamo arrivati.”

La classe di fronte alla quale si era fermata la professoressa non aveva alcunché di speciale. Sulla targhetta della porta non c’era scritto nulla. Mentre la fissavo stupito la professoressa aprì la porta scorrevole, che si mosse senza fare rumore. Ai lati della stanza c’erano sedie e banchi accatastati. Che fosse destinata a magazzino? In confronto alle altre classi non conteneva nulla di particolare: era più che normale. Tuttavia, quel che era evidentemente fuori luogo rispetto al resto della stanza, era una ragazza.

Stava leggendo un libro alla luce del sole che proveniva dalla finestra. Sembrava un’illusione, o la scena di un dipinto. Dava l’impressione che sarebbe rimasta lì a leggere per sempre anche se fosse arrivata la fine del mondo.

Nel momento in cui vidi quella scena, la mia mente e il mio corpo si bloccarono.

Ne ero involontariamente affascinato.

Accortasi della presenza di altre persone, piazzò un segnalibro alla pagina a cui era arrivata e alzò lo sguardo.

“Professoressa Hiratsuka. Mi sembrava di averle detto di bussare prima di entrare…”

Aspetto elegante. Lunghi e fluenti capelli d’ebano. Indossava un’uniforme che avrebbe dovuto essere identica a quella delle ragazze nella mia classe, eppure risultava totalmente diversa.

“Anche quando busso non mi rispondi comunque.”

“Quello è perché non me ne dà il tempo.” Sembrava contrariata. “E chi sarebbe quello svampito?” Mi osservò di sfuggita con sguardo glaciale.

Conoscevo questa ragazza. Si chiamava Yukino Yukinoshita, del secondo anno della classe J.

Ovviamente la conoscevo solamente di nome e di viso… Non ci avevo mai parlato insieme. Difficilmente parlo con qualcuno a scuola, quindi non sarebbe stato proprio possibile.

Al Liceo Soubu, oltre alle nove classi normali ce n’era una diretta a formare studenti di talento che sarebbero stati in grado di svolgere un ruolo attivo in campo internazionale. Il livello scolastico di questa classe era dalle due alle tre volte superiore a quello delle altre. Includeva perlopiù persone che tornano in Giappone dopo aver studiato all’estero o che intendono andarci in futuro.

In quella classe, Yukino Yukinoshita era la studentessa di spicco, o meglio, colei che attirava l’attenzione e che risaltava in modo evidente. Che si trattasse di normali test o di test con graduatoria lei mirava sempre in alto ed era regolarmente la prima del nostro anno. In parole povere era praticamente la ragazza più bella e capace di tutta la scuola, quindi tutti la conoscevano.

Io, d’altro canto, ero il classico studente che passa inosservato. Ecco perché il fatto che non mi conoscesse non mi offese. Eppure il fatto che mi avesse definito ‘svampito’ non mi aveva fatto piacere, tanto da distrarmi e farmi pensare a quei dolci con un nome simile. Era da un bel po’ che non li vedevo…

“Lui è Hikigaya. Vuole entrare a far parte del club.”

Stimolato dalla professoressa Hiratsuka assentii con il capo. Sembrava anche il caso di procedere con una piccola presentazione.

“Mi chiamo Hachiman Hikigaya, sono in seconda F. Ah, ecco… Cosa intende con entrare a far parte?” Entrare a far parte di cosa? Di questo club?

La professoressa iniziò a parlare. Che avesse già capito cosa stavo per dire?

“Dovrai darti da fare con questo club come punizione. Non accetterò alcuna rimostranza, obiezione, protesta, domanda o risposta a tono. Calmati un attimo. Rifletti sulle tue azioni!” Emise il suo verdetto con tono risoluto, senza lasciar spazio ad alcuna mia lamentela. “Detto questo, è probabile che ti basti guardarlo per capirlo, ma il suo cuore è davvero marcio. Di conseguenza è una persona sola e da compatire.”

Le basterebbe guardarmi per poterlo dire?

La professoressa si voltò verso Yukinoshita e disse “Se riuscisse ad imparare come essere socievole potrebbe migliorare un po’. Posso lasciare che te ne occupi tu? Ti chiedo di raddrizzare il suo atteggiamento marcio e solitario.”

“In questo caso, credo basterebbe che lei gli inculcasse la disciplina a suon di pugni e calci”, rispose Yukinoshita contrariata.

Che donna spaventosa.

“Lo farei se mi fosse permesso, ma di recente anch’io ho i miei problemi. Inoltre la violenza fisica non è ammessa.”

Stava praticamente dicendo che la violenza psicologica è lecita.

“Devo purtroppo rifiutare. I suoi occhi lascivi mi fanno sentire come se fossi in pericolo.” Yukinoshita iniziò a sistemarsi il colletto, che non mi sembrava poi così fuori posto, e mi lanciò un’occhiataccia.

Non stavo guardando il tuo seno così piatto… Un attimo, lo stavo forse facendo? Ma no, no, non stavo guardando davvero. Mi era semplicemente cascato lì l’occhio e mi sono distratto un attimo.

“Tranquilla, Yukinoshita. Ha gli occhi e il cuore marci, quindi è particolarmente capace di sopravvivere e di calcolare i rischi e i benefici delle sue azioni. Non farebbe mai nulla che lo portasse a essere incriminato. Puoi fidarti della sua natura di teppista mancato.”

“Così non mi sta affatto facendo un complimento… Non si sta forse sbagliando? Non si tratta di sopravvivenza o di analisi dei rischi e dei benefici: preferirei che dicesse che sono in grado di prendere decisioni sensate.”

“Un teppista fallito… Capisco”, disse Yukinoshita.

“Non mi stai nemmeno ascoltando e oltretutto le stai dando ragione…”

Sarà stata la professoressa Hiratsuka o la mia natura di teppista a convincerla? Resta il fatto che Yukinoshita finì per vedermi come quel che avrei meno voluto.

“Beh, se è una richiesta della professoressa non posso rifiutarmi… Accetto l’incarico.”, disse Yukinoshita con fastidio evidente.

La professoressa sorrise soddisfatta. “Bene, allora lascio il resto a te.” E, detto quello, se ne andò repentinamente.

Mi lasciò lì, in piedi, imbambolato.

1-3

Francamente, mi sarei sentito molto più a mio agio se mi avessero semplicemente lasciato stare per conto mio. Ero abituato a stare da solo, quindi mi sarei sentito meglio. La seconda lancetta dell’orologio era così dannatamente lenta che potevo sentirne distintamente il ticchettio.

Ehi, ma un attimo, stavo forse sognando? Era forse uno sviluppo improvviso da commedia romantica? Un clima di incredibile tensione calò sulla stanza. Non avevo rimpianti in merito alla situazione.

All’improvviso, mi tornò in mente un ricordo agrodolce delle scuole medie.

Era avvenuto durante il doposcuola. Erano rimasti solo due alunni in classe. Le tende svolazzavano sotto una leggera brezza e, mentre i raggi del sole al tramonto illuminavano la scena, un ragazzo prese coraggio e si dichiarò.

Ricordavo ancora le parole di quella ragazza. ‘Non possiamo restare solo amici?’

Ah, no. È solo un brutto ricordo. Dopo quella volta non ci parlammo più, e men che meno restammo amici. In seguito cominciai a chiedermi se l’amicizia potesse essere una relazione in cui le persone nemmeno si parlano tra di loro.

Beh, fatto sta che trovarsi in una stanza chiusa con una ragazza bellissima, come in qualche commedia romantica, non mi sarebbe mai successo per davvero. Essendo altamente addestrato non era possibile che cadessi in una trappola simile. Le ragazze sono interessate ai ragazzi fighi e popolari. Inoltre intrattengono con loro anche rapporti impuri. Il solo pensiero mi fece sogghignare.

In altre parole, sono mie nemiche.

Fino ad ora mi ero comportato in modo tale da evitare che potesse succedermi nuovamente. Il modo più veloce per scongiurare di essere coinvolti in una commedia romantica è di farsi odiare. Perdere una battaglia per vincere la guerra. Avrei fatto qualsiasi cosa per proteggere il mio orgoglio, quindi cose come la popolarità non mi servivano!

Detto questo, al posto di un saluto, decisi di intimidire Yukinoshita guardandola male. Le bestie selvatiche uccidono con gli occhi!

Grrrrr!

Per tutta risposta Yukinoshita mi guardò di sfuggita, come se fossi immondizia. Socchiuse gli occhi ed emise un gelido sospiro. Poi, con una voce simile al mormorio di un ruscello, mi parlò.

“Cosa ne diresti di smetterla di fare quei versi osceni e di non stare lì, fisso in piedi? Siediti e falla finita.”

“Eh? Ah sì, scusa.”

Cavolo, ma che occhi ha? È forse una bestia selvatica?

Avrebbero di certo ucciso cinque persone. Come quando quella cantante, Tomoko Matsushima[11], si trovò tra le fauci di un leopardo. Avevo forse finito per scusarmi d’istinto e inconsciamente con lei? Anche quando non la stavo provando a spaventare, Yukinoshita mi aveva guardato con ostilità. Profondamente scosso presi una sedia e mi accomodai.

Yukinoshita, dopo questo fatto, non mostrò alcun segno d’attenzione nei miei confronti. Ad un certo punto aprì nuovamente il libro, e di seguito sentii il suono della pagine che venivano sfogliate. Non riuscivo a distinguere cosa stesse leggendo dalla copertina, ma pensai che fosse una sorta di opera letteraria. Qualcosa come Salinger, Hemingway o Tolstoj. Dava quell’impressione.

Yukinoshita sembrava quasi una nobile. Era un’eccellente studentessa e sempre e comunque una bellissima ragazza. Ma come gli altri nell’élite, Yukino Yukinoshita era tagliata fuori da qualsiasi cerchia sociale. Il suo nome significava ‘la neve sotto la neve’, e le calzava perfettamente. Per quanto fosse bella, era intoccabile e irraggiungibile. Si poteva solo ammirarne la bellezza.

In tutta onestà, non avrei mai pensato di poterla conoscere in seguito a quest’assurda serie di eventi. Sono sicuro che i miei amici sarebbero stati davvero gelosi di me… sempre se ne avessi avuti.

Quindi cosa avrei dovuto fare con la carissima Miss Bellezza?

“Qualcosa non va?”

Probabilmente l’avevo fissata troppo a lungo. Yukinoshita mi guardò in risposta con le sopracciglia aggrottate per la disapprovazione.

“Ah, è colpa mia. Stavo pensando a come avrei dovuto gestire tutto questo.”

“Tutto questo cosa?”

“Beh sai, è solo che sono stato portato qui con null’altro che una spiegazione poco chiara.”

Invece che verbalmente, dimostrò quanto fosse stizzita chiudendo di scatto il suo libro. In seguito, dopo avermi guardato con quegli occhi come se fossi un semplice insetto, emise un sospiro rassegnato e pronunciò alcune parole.

“Suppongo tu abbia ragione. Allora facciamo un gioco.”

“Un gioco?”

“Esatto. Un gioco che prevede che tu indovini di cosa si occupa questo club. Allora sentiamo, che idea ti sei fatto?”

Un gioco con una ragazza bellissima in una stanza chiusa…

Non potei fare a meno di pensare che ci fosse qualche elemento erotico in tutto questo, ma… Le sensazioni che lei trasmetteva non erano affatto piacevoli e, anzi, ricordavano un coltello affilato, tanto da chiedermi se sarei morto se avessi perso. Dov’era finita l’atmosfera da commedia romantica? Così non assomigliava forse di più a Kaiji[12]?

Cedetti alla pressione, sudando freddo, e iniziai a controllare il contenuto della stanza sperando di trovare qualche indizio.

“Ci sono altri membri, nel club?”

“No, nessuno.”

Ma questo club poteva proseguire la sua attività? Ne dubitavo fortemente. In definitiva, non c’era alcun indizio.

No, un momento. Non c’erano stati altro che indizi. Non per vantarmi, ma fin da piccolo i miei pochi amici mi avevano reso abilissimo nei giochi in solitario.

Mi ritenevo relativamente bravo per quanto riguardava i libri interattivi e gli indovinelli, e pensavo che sarei riuscito a vincere anche uno di quei quiz per liceali. Quindi, se era un club che non poteva reclutare altri membri, era perché altri membri non potevano partecipare. C’erano molti dettagli che potevo comprendere solo da questo. Ordinando i miei pensieri in modo coerente la risposta non poteva che essere una.

“È un club di letteratura?”

“Davvero? Cosa te lo fa pensare?”, chiese Yukinoshita con interesse.

“L’ambiente è insolito, non ci sono attrezzature particolari e il club non è stato chiuso nonostante ci sia carenza di membri. In altre parole dev’essere un club che non comporta alcuna spesa. Inoltre tu stavi leggendo. La soluzione era scontata fin dall’inizio.”

Il ragionamento non faceva una grinza, se posso dirlo. Anche senza un ragazzino delle elementari con gli occhiali che dicesse ‘Ah, davvero?’ e che mi fornisse suggerimenti, qualcosa del genere era troppo facile[13].

Perfino Miss Yukino avrebbe dovuto mostrare ammirazione e dire ‘Capisco…’ sbuffando lievemente.

“Sbagliato.”, disse Yukinoshita con una risata sprezzante.

Ora iniziava a darmi sui nervi. Chi diavolo ha detto che eri come un irreprensibile e perfetto Superman? Sembri più un Superman diabolico[14].

“Allora che genere di club è questo?”

Yukinoshita sembrava indifferente all’irritazione nella mia voce. Chiarì subito che il gioco non si sarebbe fermato.

“E va bene, ti darò l’indizio più grande che posso. Il fatto che io sia qui e quel che sto facendo sono l’attività del club.”

Finalmente mi stava dando un indizio, ma non era in alcun modo legato alla soluzione. Non mi veniva in mente altro che la mia risposta precedente, cioè il club di letteratura.

Però, un momento… Aspetta un attimo e calmati. Stai sereno, Stai tranquillo, Hachiman Hikigaya.

Aveva detto che con c’erano altri membri nel club a parte lei e tuttavia il club era operativo.

Voleva forse dire che c’erano dei membri fantasma? Allora il colpo di scena poteva essere che i membri fantasma fossero dei veri fantasmi. In definitiva la mia commedia romantica si sarebbe svolta tra me e una bellissima ragazza fantasma.

“Una società che studia l’occulto!”

“Ti ho detto che è un club…”

“U-Un club che studia l’occulto!

“Sbagliato e per di più ridicolo. I fantasmi non esistono.”

Non disse nulla di carino come ad esempio ‘P-perché sai, non esistono per davvero! Non lo sto dicendo perché sono spaventata!’. Invece usò tutta la sua forza per guardarmi con occhi pieni di disprezzo, quel genere di sguardo che dice ‘Gli idioti devono morire.’

“Mi arrendo. Non ne ho la minima idea.”

1-4

Come se fosse possibile dedurlo solo con quegli indizi… Avresti dovuto rendere tutto più semplice. Come, ad esempio, ‘Nella tua casa, sopra è allagato, ma sotto c’è un caldo infernale. Perché?[15] Non dovrebbe essere perché casa tua sta realmente bruciando? In ogni caso, questo non è un quiz ma un indovinello.

“Hikigaya. Da quanti anni non parli con una ragazza?”

Improvvisamente mi pose una domanda tanto irrilevante e fuori luogo da farmi perdere il filo dei miei pensieri. Ne aveva di fegato la ragazza.

Mi fidavo abbastanza della mia capacità di conservare le informazioni. Riuscivo a ricordare quel tipo di conversazioni futili che la maggior parte delle persone dimenticherebbe, al punto che le ragazze della mia classe mi trattavano come uno stalker. Stando al mio ippocampo superiore, l’ultima volta che avevo parlato con una ragazza era nel giugno di due anni prima.

Lei: ‘Fa veramente caldo oggi, vero?’

Io : ‘Da mandarti in calore!’

Lei: ‘Cosa?… Ah… Ecco… Beh, sì…’

Fine.

Era andata più o meno così… Questo tralasciando il fatto che in realtà stava parlando con la ragazza che stava seduta dietro di me. Gli umani tendono a ricordare meglio le cose spiacevoli. Quando mi torna in mente quel fatto nel cuore della notte mi viene ancora voglia di nascondere la testa sotto le coperte e urlare.

Proprio mentre stavo rivivendo quel momento terribile, Yukinoshita parlò a voce alta.

“Coloro che possiedono molto sono spinti dalla carità a dare a chi non ha nulla. La gente lo chiama volontariato. Fornire assistenza nello sviluppo alle nazioni emergenti, organizzare mense per i senza-tetto, far sì che un ragazzo sconosciuto parli con una ragazza… In pratica fornire aiuto a chi ne ha bisogno. Di questo si occupa questo club.”

Ad un certo punto, Yukinoshita si era alzata. Ovviamente mi stava guardando con sufficienza. “Benvenuto nel Club di Volontariato. Ti invito.”

Me lo disse apertamente, ma non suonava per niente accogliente, il che mi fece sgorgare una lacrimuccia. Non stava facendo altro che riaprire le mie ferite, facendomi deprimere sempre più.

“La professoressa Hiratsuka dice che è compito di chi è superiore salvare quelli che conducono una vita misera. Farò in modo di soddisfare la sua richiesta e di rispettare questo impegno. Risolverò il tuo problema, quindi siine grato.”

Stava probabilmente alludendo alla ‘noblesse oblige’, un’espressione francese che indica l’obbligo morale dei nobili a tenere una condotta morale generosa e degna. Yukinoshita, in piedi con le braccia conserte, di certo ispirava un senso di nobiltà. Infatti non sarebbe stato esagerato definirla nobile considerando i suoi voti e l’aspetto esteriore.

“Ora questa…”

Non dovevo dire altro. Avrei dovuto sfruttare tutte le parole a mia disposizione per spiegare che non ero un caso da compatire.

“Sai, a dire il vero… Non sono niente male, se posso dirlo… Mi sono piazzato terzo nell’esame di conoscenza del giapponese! Sono di bell’aspetto! Se lasci perdere il fatto che non ho né una ragazza né alcun amico, sono più o meno il meglio che ci sia.”

“Sono certa che verso la fine hai espresso un grave difetto, ma… È stupefacente che tu riesca a dirlo con così tanta serenità. Sei strano, mi fai venire i brividi.”

“Taci, di certo non voglio sentirmelo dire da una tipa strana come te.”

Era davvero strana… O almeno così dicevano le voci in giro. Non ricordo di aver parlato con nessuno, quindi le devo aver sentite per sbaglio. Dicevano come Yukinoshita sia molto diversa da quel che appare.

Dev’essere una di quelle bellezze ascetiche. In questo stesso momento mostrava un sorriso freddo. O, per aggiungere una nota di colore, un sorriso sadico.

“Quindi… In base a quanto ho dedotto, sembra che la tua solitudine sia dovuta alla tua mente marcia e al tuo carattere cinico.”, concluse con entusiasmo Yukinoshita. “La prima cosa che farò sarà trovarti un posto nella società. Visto che sei così patetico non posso lasciarti da solo. Lo sapevi? Trovare un posto che senti tuo ti salverà dal tragico destino di bruciare e diventare una stella.”

“Parli della ‘Stella del caprimulgo’[16], vero? Alla faccia della secchiona.” Se non fossi stato un prodigio, per quel che riguarda la cultura, che si è piazzato terzo nell’esame di conoscenza del giapponese non avrei colto il riferimento. Mi piaceva, per quello lo ricordavo così bene. Era così triste che mi aveva fatto davvero piangere. È quel tipo di racconto che piace a tutti.

Gli occhi di Yukinoshita si sgranarono per la sorpresa mentre parlavo. “Sono stupita. Non avrei mai pensato che uno studente mediocre come te avesse mai letto l’opera di Kenji Miyazawa.”

“Mi stai forse sminuendo?”

“Scusa, forse ho esagerato un pochino. Forse è più indicato definirti leggermente sotto la media.”

“Non credi di aver esagerato davvero troppo? Non mi hai sentito quando ho detto che mi sono piazzato terzo nel nostro anno?”

“Vantarsi perché si è arrivati terzi una volta è patetico. Lo è anche considerare i risultati di un solo esame come segno di un intelletto acuto.”

Questa ragazza… C’è un limite alla scortesia. Per trattare qualcuno che ha appena incontrato come un essere inferiore, devo essere come il principe di tutti i Saiyan[17].

“Detto questo, la ‘Stella del caprimulgo” ti calza a pennello, Pensa ad esempio all’aspetto del caprimulgo.”

“Stai forse dicendo che ho il volto sfigurato?”

“Non è quel che intendevo dire. Sto solo dicendo che a volte la verità fa male…”

“Non è praticamente lo stesso?”

A questo punto, Yukinoshita assunse un’espressione seria mentre appoggiava la mano sulla mia spalla. “Non dovresti cercare di ignorare la verità. Guardati in uno specchio per vederla.”

“Ehi, un momento. Il mio aspetto non è niente male, anche se non dovrei essere io a dirlo. Abbastanza da far dire a mia sorella ‘Fratello, se solo tu non aprissi bocca…’. Praticamente, è come dire che l’unica cosa buona in me è l’aspetto.”

Tipico di mia sorella. Ha buon occhio… A differenza delle ragazze di questa scuola!

Yukinoshita si portò una mano alla tempia come se avesse un’emicrania. “Sei stupido? La propria bellezza non può essere stabilita così soggettivamente. In altre parole, visto che siamo solo in due in questa stanza, la mia opinione è oggettiva ed è l’unica corretta.”

“N-nonostante sia poco chiaro, stranamente quel che dici ha senso…”

“Innanzitutto degli occhi come i tuoi, che ricordano quelli di un pesce marcio, lasceranno per forza un’impressione negativa. Quello che critico non sono i tuoi lineamenti, quanto piuttosto le tue espressioni sgradevoli. Sono prova della tua natura decisamente contorta.”

Mentre parlava, il volto di Yukinoshita era sicuramente carino, ma era una maschera. Lo sguardo nei suoi occhi era simile a quello di un criminale. Né io né lei avevamo traccia alcuna di possedere un fascino accattivante.

A parte questo, i miei occhi sembrano davvero quelli di un pesce? Fossi stato una ragazza, avrei potuto prenderlo come un complimento. ‘Come, sono davvero simile alla Sirenetta?’.

Proprio mentre ero intento a perdermi nei miei pensieri, Yukinoshita spostò i suoi capelli dietro la schiena e disse trionfante “Il punto è che vantarsi di cose superficiali come il proprio aspetto o i voti è poco attraente. Per non parlare dei tuoi occhi marci.”

“E basta coi miei occhi!”

“È vero, anche se aggiungessi altro non cambierebbe niente.”

“Potresti cominciare col chiedere scusa ai miei genitori.”

Potevo sentire il mio volto sussultare nell’attesa di una sua risposta. Fu presto evidente che anche l’espressione di Yukinoshita era contrariata mentre rifletteva sulle sue parole.

“Ho davvero detto delle cose orribili. Dev’essere dura per i tuoi genitori.”

“Ti prego basta così”, dissi sull’orlo delle lacrime. “È colpa mia, anzi no, è colpa del mio viso.” Finalmente Yukinoshita la finì con quelle parole aspre. Capii velocemente che era inutile parlare. E mentre mi perdevo in una visione di me stesso ai piedi dell’albero del Buddha allo scopo di raggiungere l’illuminazione, Yukinoshita riprese a parlare.

“Bene, con questo si completa questa conversazione simulata. Se riesci a parlare con una come me, allora puoi parlare con chiunque.” Passandosi la mano destra tra i capelli, l’espressione di Yukinoshita trasudava un senso di soddisfazione. Poi sorrise garbatamente. “Adesso hai questo splendido ricordo da tenere stretto nel cuore, che ti farà andare avanti anche quando sarai solo.”

“Una simile soluzione non è solo una speranza vuota da parte tua?”

“Ma se così fosse non adempirebbe alla richiesta della professoressa… Devo affrontare la situazione alla base. Potrei per esempio farti smettere di venire a scuola.”

“Quella non è una soluzione. È solo cercare di coprire un cattivo odore.[18]

“Ah, ma quindi ti rendi conto di essere una noia[19]?”

“Sarà per quello che mi guardano in malo modo e che la gente mi evita?”, provai a rispondere con sarcasmo ma non funzionò.

“Quanto sei fastidioso.”

Dopo che ebbi riso della mia frase arguta, Yukinoshita mi guardò malissimo, come per dire ‘Ma perché respiri?’. Come ho già detto, i suoi occhi erano spaventosi.

Poi il silenzio calò sulla stanza. Era così silenzioso che mi facevano male le orecchie. In realtà era probabile che mi facessero male perché avevo lasciato che Yukinoshita dicesse tutto quel che le passava per la testa.

Ma, in quel momento, un violento frastuono spazzò via quel silenzio, mentre qualcuno apriva la porta con impeto.

1-5

“Yukinoshita, sto entrando.”

“Le ho detto di bussare…”, sospirò Yukinoshita.

“Scusa, scusa. Non far caso a me, continua pure come prima. Avevo solo intenzione di passare per vedere come ve la stavate cavando.” La professoressa Hiratsuka sorrise caldamente a Yukinoshita, mentre si appoggiava al muro della classe. Fece poi scorrere lo sguardo su di noi.

“È bello che voi due andiate d’accordo.”

Che cosa le ha fatto trarre quella conclusione?

“Hikigaya, continua così e pensa a raddrizzare quel carattere cinico e a curare quei tuoi occhi marci. Ora torno di là, ma state attenti a tornare a casa prima della fine dell’orario di scuola.”

“P-Per favore, aspetti solo un attimo!” Strinsi la mano della professoressa cercando di fermarla, ma in quel momento…

“Ahi! Ahiaaaaa! Mi arrendo! Mi arrendo!”

Mi aveva bloccato in una morsa. Ammisi la sconfitta battendo la mano sul pavimento, e finalmente mi liberò.

“Ah, ma eri solo tu, Hikigaya. Non stare dietro di me in quel modo spensierato… Istintivamente potrei sfoderare su di te le mie potentissime tecniche.”

“Ma lei chi è, Golgo[20]? E poi non è lei quella superficiale? Non si comporti così senza preavviso!”

“Quante pretese… A parte tutto, che problema c’è?”

“È lei il problema… Cosa intende per ‘raddrizzare’? Non mi fa forse sembrare un delinquente minorenne? Di cosa sta mai parlando?”

La professoressa Hiratsuka si strofinò il mento per un attimo, pensierosa.

“Non te l’ha spiegato Yukinoshita? Fondamentalmente lo scopo principale di questo club è di aiutare le persone a risolvere i loro problemi, incoraggiandole a migliorarsi. Io indirizzo qui gli studenti che ritengo ne abbiano bisogno. Potresti vederlo come la Camera del Tempo Iperbolica[21] o come ‘La Rivoluzione di Utena’[22], se ti può aiutare a comprendere meglio.”

“Veramente lo rende ancora più incomprensibile e inoltre tradisce la sua età.”

“Scusa, cos’hai detto?”

“No, niente”, mormorai mentre cercavo di sottrarmi al suo sguardo glaciale.

La professoressa Hiratsuka sospirò mentre mi guardava.

“È solo perché lui stesso non si rende conto di avere un problema”, rispose con distacco Yukinoshita all’espressione preoccupata della professoressa.

Che brutta sensazione… Non posso sopportare di restare qui ancora oltre. È come quella volta in cui i miei genitori trovarono le mie riviste porno in prima media e mi fecero la predica.

No, forse non è a quei livelli.

“Ecco… Ha parlato di cose assurde come raddrizzarmi, migliorarmi e anche di ragazze rivoluzionarie per un po’, ma io non ho richiesto proprio niente di simile…”

La professoressa Hiratsuka inclinò la testa, come se fosse confusa. “Scusa?”

“Cosa stai dicendo? Se non cambiassi, saresti in una situazione che renderebbe la vita sociale molto difficile per te.” Yukinoshita mi guardò come se il suo ragionamento fosse ovvio, un po’ come ‘Combattere è inutile. Deponi le armi.’ “Sembra che la tua umanità sia nettamente inferiore a quella degli altri. Non vorresti cambiare quella parte di te?”

“Non è quello… Non voglio che altri mi ossessionino col fatto che dovrei cambiare, dicendomi chi sono. A ben vedere, se si cambiasse seguendo l’opinione di qualcun altro non sarebbe come dire di non essere più sé stessi? ‘Si dice che il proprio essere…’”

“’Il proprio essere è qualcosa che non può essere visto oggettivamente da sé stessi.’”

Il mio tentativo di fare lo splendido citando Cartesio venne intercettato da Yukinoshita… Comunque stavo per dire qualcosa di veramente bello.

“Stai solo evitando il problema. Se non cambiassi, non potresti mai crescere”, disse Yukinoshita troncandomi con quelle aspre parole. Perché era così ostile e irascibile? I suoi genitori erano forse dei granchi?

“Che c’è di male nello scappare? Smettila di dirmi di cambiare, stai solo ripetendo sempre gli stessi concetti. Forse quando guardi il sole dici ‘Il sole che tramonta a occidente è troppo forte e dà fastidio a tutti, quindi vediamo di farlo tramontare a est d’ora in poi’?”

“Tutte falsità. Cerca di non sviare dalla questione di cui stiamo parlando. Il sole non si muove, è la Terra a farlo. Forse non conosci la teoria eliocentrica?”

“Era solo così per dire! Se fosse una falsità allora anche i tuoi argomenti lo sarebbero. Se cambiassi, sarebbe allo scopo di evitare il problema. Quindi perché mi dici di non evitarlo? Se invece non stessi cercando di ignorare il problema, starei come sono. Perché non puoi semplicemente accettare il mio passato e il mio essere attuale?”

“Così non si risolverebbe mai alcun problema e nessuno potrebbe essere salvato.” Quando pronunciò la parola ‘salvato’ sembrava così adirata da far raggelare il sangue. Sussultai involontariamente. Ero anche disposto a scusarmi e a dirle ‘S-s-s-s-s-scusa!’, se è per quello. Parlare di salvezza non era affatto comune per un liceale qualsiasi. Proprio non riuscivo a capire che cosa la spingesse a comportarsi così.

“Datevi una calmata, voi due.” Il tono sereno della professoressa Hiratsuka servì ad alleviare quella che stava diventando, o meglio che ormai già era, un’atmosfera pesante. Bastava un’occhiata al suo sorriso per intuire che si stava divertendo e che era in trepidazione. “Le cose si fanno interessanti, adoro questo genere di sviluppi. È come in Jump[23]. Bello, no?”

“Ma non siamo in un manga shounen…” Nessuno mi dava retta.

La professoressa si girò verso di noi, ridendo sonoramente, e ci fece un annuncio.

“Bene allora, facciamo così. D’ora in poi indirizzerò le pecorelle smarrite a questo club, dove voi vi prenderete cura di loro. Entrambi dovrete cercare di aiutarli nel modo che ritenete più opportuno. E non sarebbe male se cercaste anche di dimostrarvi a vicenda la vostra correttezza morale il meglio possibile. Chi può aiutare queste persone? Gundam Fight. Pronti, via!”

“Mi rifiuto,” dichiarò Yukinoshita con tono deciso. Nei suoi occhi aleggiava la stessa freddezza che aveva riservato a me in precedenza. Comunque ero d’accordo con lei, così assentii. G Gundam non è nemmeno della nostra generazione.

La professoressa notò la nostra contrarietà e si mordicchiò le unghie per la frustrazione.

“Lo sapevo, se avessi parlato di Robattle mi avreste capito meglio…”

“Non è quello il punto…”

I giochi come Medarot[24] sono veramente troppo per appassionati…

“Professoressa, la prego di smetterla di comportarsi come una bambina esagitata. Non s’addice a una persona della sua età ed è decisamente sconveniente.” Yukinoshita scagliò parole fredde come il ghiaccio al suo indirizzo. Non era chiaro se fosse perché si era calmata, ma in un attimo il volto della professoressa si tinse per l’imbarazzo. Schiarì la voce come per sviare l’attenzione.

“C-comunque, solo attraverso le azioni si può dimostrare la propria correttezza! Se dico che dovete fare una gara, allora la farete. Nessuno di voi ha il diritto di rifiutarsi.”

“Lei è un vero tiranno…”

Era come una bambina! L’unica cosa adulta in lei era il suo torace. In questo caso, se si trattava di una specie di gara, allora l’avrei persa giusto così per ridere. Ecco. Eppure prendersi i meriti per i miei sforzi non sarebbe stato poi così male… Fa comodo ed è anche un po’ strano dire che partecipare a qualcosa del genere ha un certo suo senso.

Tuttavia, quella detestabile donna-bambina[25], che aveva la testa piena di manga shounen, stava continuando a blaterare assurdità.

“Per spingervi a fare del vostro meglio vi fornirò un’ulteriore motivazione. Cosa ne direste se il vincitore potesse richiedere allo sconfitto di ubbidire a un qualsiasi ordine?”

“Qualsiasi qualsiasi?”

Per qualsiasi ordine intendeva ‘quello’, vero? Non poteva significare altro se non ‘quello’…

D’improvviso sentii il rumore di una sedia che veniva spostata all’indietro. Yukinoshita si era allontanata di un paio di metri, stringendosi con le braccia come per difendersi.

“Competere con questo tizio mi fa temere che la mia castità sia in pericolo. Mi rifiuto.”

“Tutti pregiudizi! Non è che tutti i ragazzi del secondo anno pensano solo a cose sconce!” Ci sono anche una marea di altre cose, come per esempio… Vediamo… La pace nel mondo? O altra roba simile? Non mi veniva in mente altro.

“Allora anche Yukino Yukinoshita ha paura di qualcosa… Paura di perdere?”, disse la professoressa con espressione maliziosa. Sembrò che Yukinoshita si sentisse offesa.

“E va bene. Anche se mi dà fastidio dovermi arrendere di fronte a una provocazione così meschina, accetto. E già che ci siamo, lascerò che sia lei ad occuparsi di quel ragazzo.”

Cavolo, a Yukinoshita davvero non piaceva perdere. Come facevo a saperlo? Beh, era come se avesse detto ‘Ho capito perfettamente le sue intenzioni’ e nonostante questo avesse accettato. Che poi cosa intendeva con ‘occuparsi’? Era davvero spaventosa. Non poteva smetterla?

Con un largo sorriso, la professoressa Hiratsuka ignorò lo sguardo di Yukinoshita.

“Allora è deciso.”

“Veramente a me non ha chiesto se accettavo…”

“Chiederlo a te non serve, visto il sorriso che hai stampato in volto.”

Ah, ecco…

“Sarò io a stabilire il vincitore e lo farò basandomi solo sul mio giudizio, ovviamente, ma non vi preoccupate… Basta che vi comportiate bene e che facciate del vostro meglio.” Dopo aver detto questo, la professoressa Hiratsuka se ne andò, lasciando lì me e Yukinoshita, che era molto contrariata.

Ovviamente non c’era nulla da dire. Un suono simile a quello di una radio rotta echeggiò nella stanza, segno che stava per risuonare una campanella. Infatti, dopo aver sentito il suono di una campanella artificiale, Yukinoshita chiuse improvvisamente il suo libro. Era il segnale di fine giornata scolastica.

Allora Yukinoshita si mise velocemente a raccogliere le sue cose per andare a casa. Dopo aver riposto il libro nella sua borsa con attenzione, si alzò. E con un semplice cenno del capo se ne andò. Era uscita senza nemmeno salutare. Non riuscii nemmeno a rinfacciarle la sua accoglienza fredda e distaccata.

E così rimasi lì, da solo, per ultimo in quella stanza. Che oggi fosse per me una giornata sfortunata? Ero stato convocato in sala professori, costretto a iscrivermi a un club misterioso, preso a male parole da una ragazza che di carino aveva solo l’aspetto, il suo volto… Avevo sopportato parecchio.

Parlare con una ragazza non dovrebbe essere qualcosa di più eccitante? Il mio cuore sprofondò nella disperazione.

Se da lì in avanti le cose fossero continuate così, parlare ogni giorno con un peluche sarebbe stato meglio. Non rispondono male e sorridono sempre felici. Perché non ero nato masochista estremo?

E oltretutto, perché ero costretto a partecipare a una gara senza senso? Se la mia avversaria era Yukinoshita, non ritenevo di poter vincere. Mi chiesi se una gara potesse essere considerata parte delle attività di un club. Se pensavo alle attività di club, mi sembrava più adatto qualcosa come quello che fanno le band femminili su quei DVD.

Se la situazione fosse proseguita in quel modo, saremmo mai riusciti ad andare d’accordo? Improbabile. Probabilmente mi avrebbe dato ordini senza tanto pensarci, dicendo cattiverie come ‘Ti puzza l’alito, potresti smettere di respirare per almeno tre ore?’.

Come immaginavo, la gioventù è piena solo di menzogne.

Dopo aver perso una partita di baseball al loro terzo anno, piangono così da muovere gli altri a compassione. Dopo aver fallito i test d’ingresso al college, insistono a dire che si è trattata di un’esperienza di vita. Dopo che non sono riusciti a dichiararsi alla persona che gli piace, si ingannano e fanno finta di nulla, dicendo che stavano solo pensando al bene dell’altra persona.

Infine c’era anche questo: aspettarsi una commedia romantica con una ragazza tsundere asociale e irritante che in realtà non si avvererà mai. Il mio tema non andava corretto. Come immaginavo, la gioventù era solo una messinscena, un inganno, una menzogna.


[1] La parola che viene usata qui è ‘hankouseimei’ che significa ‘assumersi le responsabilità’ riferito ad un crimine.

[2] In giapponese infastidito si dice ‘nayamashi’ che significa anche seducente, il che lo porta ai suoi pensieri successivi.

[3] Nell’originale viene detto che il kanji per insegnante donna (女教師) sarebbe più erotico se venisse letto come ‘onnakyoushi’ (insegnante femmina) invece che ‘jokyoushi’ (insegnante donna).

[4] Marca di sigarette giapponese.

[5] Riferimento al drama ‘Yankee Bokou ni Kaeru’ nel quale l’ex-membro di una gang ritorna al suo vecchio liceo come insegnante. Lo fa in modo entusiasta cercando di aiutare i propri alunni a diplomarsi.

[6] Vivace in giapponese si dice ‘kiki’ che fa rima con ‘chichi’ che significa seno.

[7] Il servizio a cui ci si riferisce è di natura sessuale.

[8] ] In questo contesto indica il suo desiderio di fare sesso. Questa è una frase tipica di Date Masamune, tratta dal gioco Sengoku BASARA. È un espressione gergale usata quando si esprime il proprio entusiasmo di fare qualcosa. Come intuibile, è la pronuncia giapponese di ‘Let’s Party!’.

[9] Si riferisce a Usopp di One Piece.

[10] Riferimento al manga Galaxy 999 Express, nel quale il protagonista Tetsuro aspira a ottenere un corpo meccanico per vivere una vita eterna. La regina Prometheum tuttavia vuole trasferire la sua coscienza in un bullone.

[11] Tomoko Matsushima è una cantante giapponese che è stata morsa da un leone e da un leopardo quando è andata in Kenya per svolgere le riprese di un show televisivo.

[12] Kaiji è un manga ambientato nel mondo delle scommesse.

[13] Si riferisce a Detective Conan.

[14] Si riferisce ai superuomini (chojin) del manga Kinnikuman.

[15] Si riferisce ad un indovinello giapponese che recita ‘Di sopra è allagato e di sotto c’è un caldo infernale. Cosa sono?’ La risposta è ‘Il bagno’. Qui gioca sul fatto che bisognerebbe piangere perché la casa è davvero in fiamme.

[16] La Stella del Caprimulgo è una fiaba giapponese che parla di un uccello maltrattato per la sua bruttezza. Desidera volare via lontano e per questo muore. In seguito il suo corpo si trasforma in una luce bellissima che diventa una stella.

[17] Si riferisce a Vegeta di Dragon Ball che è noto più per la forza fisica che per l’intelletto.

[18] Modo di dire giapponese che significa nascondere un fallimento o un problema con mezzi subdoli.

[19] La parola ‘fastidioso’ (kusaimono) può anche essere intesa come ‘qualcosa che puzza’. Da qui la ‘battuta’ alla riga successiva.

[20] Si riferisce al protagonista del manga Golgo 13 che è un assassino professionista.

[21] Si riferisce a Dragon Ball. I personaggi la usano per allenarsi dato che ad un anno passato al suo interno corrisponde un giorno nel mondo reale.

[22] Si riferisce al manga Mirai no Utena.

[23] Rivista di manga mirata al pubblico (giovanile) maschile.

[24] RPG/Anime in cui i protagonisti si affrontano usando i loro robot.

[25] Il termine usato qui è ‘roribaba’ che indica una donna adulta che si atteggia come se fosse ancora una ragazzina.