Capitolo 6

Capitolo 6: Comunque, arriva Saika Totsuka.

6-1

Mia sorella minore Komachi aveva una fetta di toast in mano ed era completamente assorta nella rivista di moda che stava leggendo. La guardai di sottecchi, mentre bevevo come ogni mattina la mia tazza di caffè nero.

Slogan irritanti del tipo ‘Come fare per avere un uomo’ e ‘Super trendy’ ne riempivano le pagine e in ogni caso l’articolo che stava leggendo sembrava colmo di fesserie. Mi ritrovai di colpo a bocca aperta con una goccia di caffè che colava dall’angolo della mia bocca.

Siamo sicuri che così il Giappone andrà bene? Quell’articolo era veramente da minimo comune denominatore e tuttavia mia sorella stava annuendo mentre lo leggeva. Ma come faceva a essere d’accordo con quella roba?

La rivista in questione, ‘Heaventeen’, pareva essere quella più letta dalle ragazze delle medie. Eravamo al punto che la gente non si limitava a leggerla… Era più corretto dire che chi non la leggeva era soggetto ad atti di bullismo.

“Oooh…” Komachi sembrava colpita da qualcosa e parecchie briciole caddero sulla rivista. Che stesse cercando di fare Hansel e Gretel tutto da sola?

Erano le 7:45 del mattino.

“Ehi, guarda l’ora.”

Mia sorella era ancora presa dalla sua rivista, quindi le toccai la spalla con il gomito e provai a dirle che era ora di andare a scuola. A quel punto alzò di scatto la testa e controllò l’ora.

“Oh no!”

Appena dopo aver gridato disperata, Komachi chiuse la rivista e si alzò di scatto.

“Aspetta, aspetta, aspetta, aspetta. Hai la bocca sporca, non l’hai pulita bene.”

“Eh, davvero? Mi sono inceppata con la marmellata?”

“E da quando la tua bocca sarebbe un fucile automatico? Non è quello il modo di usare quel verbo.”

“Oh no, oh no.” Mia sorella scattò, in uno stato di iperattività, si pulì la bocca con la manica del pigiama. Sapete, ogni tanto è un po’ un maschiaccio…

“Tra l’altro, a volte dici delle cose veramente senza senso, fratellone.”

“Senti chi parla!”

Ma sembrava che la mia sorellina non sentisse nemmeno quel che le stavo dicendo e, in preda al panico, incominciò a mettersi la divisa. Si tolse il pigiama, mostrando la sua pelle morbida e bianca, il suo reggiseno sportivo bianco e le sue mutandine, anch’esse bianche.

E non spogliarti proprio qui, cavolo.

Le sorelle minori sono entità strane. Per quanto possano essere carine non riesci a provare niente per loro.

La sua biancheria intima non mi faceva né caldo né freddo. Certo, era carina, ma alla fine riuscivo solo a pensare a quanto mi assomigliasse… le sorelle minori vere sono così.

Vestita della sua divisa scolastica che non era affatto alla moda, Komachi mi fece vedere di nuovo le mutandine attraverso la sua gonna al ginocchio, mentre metteva le calze e le arrotolava fin giù alle caviglie. La guardai di sottecchi, mentre prendevo il latte e lo zucchero.

Ultimamente aveva iniziato a bere molto latte, quasi come se volesse farsi crescere le tette. Non che mi importasse.

Però quando misi il ‘latte bevuto da mia sorella’ tra virgolette, effettivamente suonava un po’ immorale ed erotico. Non che mi importasse.

Non è che stessi prendendo latte e zucchero perché quello era il ‘latte bevuto da mia sorella.’ Volevo solo metterli nel caffè.

Come ogni persona nata e cresciuta a Chiba, che ha fatto il suo primo bagnetto nel MAX Coffee e che invece di essere stata allattata era stata nutrita a base di MAX Coffee, dovevo mettere lo zucchero nel caffè. Il latte condensato, poi, era anche meglio.

Comunque, se proprio dovevo, riuscivo anch’io a bere il caffè amaro.

“La vita è troppo amara, almeno il caffè dovrebbe essere dolce…”

Mentre borbottavo una frase che avrebbe potuto tranquillamente essere usata in uno spot del MAX Coffee, finii di bere il mio caffè addolcito.

Non era male quella frase… Avrebbero dovuto usarla davvero.

“Fratellone! Sono pronta!”

“Ma il tuo fratellone sta ancora bevendo il suo caffè…”

Le risposi con una pessima imitazione di qualcuno che avevo visto durante una replica di ‘Kita no Kuni kara”,[1] ma Komachi non sembrò accorgersene e prese a canticchiare allegramente. “Farò tardiii! ♪♫ ^^. Farò tardiiii! ♩♬ ^^.” Voleva davvero arrivare in ritardo o stava dicendo che non saremmo dovuti arrivare in ritardo? Non riuscivo a capirlo. (Ah, le donne… N.d.A.)

Saranno passati un paio di mesi da quando quella rimbambita di mia sorella per una volta non si era svegliata in orario e sembrava davvero che avrebbe fatto tardi a scuola. L’avevo messa dietro di me sulla bici e l’avevo accompagnata.

Da allora, un po’ alla volta, la frequenza con cui l’accompagnavo era cresciuta progressivamente.

Non c’è niente di più falso delle lacrime di una ragazza. Questo era particolarmente vero nel caso di Komachi, che aveva apparentemente affinato le abilità tipiche dei fratelli minori e riusciva a manipolare suo fratello con astuzia. Che ragazzina antipatica.

Per colpa sua, l’idea che tutte le ragazze si comportino come lei e usino i ragazzi per i loro loschi fini si è impressa nella mia mente.

“Sappi che se smetterò di fidarmi delle donne è solo colpa tua. Cosa farò se invecchierò e non mi sposerò?”

“Se dovesse succedere ci penserò io.”

Komachi mi sorrise. Pensavo che mia sorella sarebbe sempre rimasta una bambina, ma vedere quell’espressione stranamente adulta sul suo volto mi fece accelerare il battito.

“Lavorerò sodo, risparmierò e ti metterò in un ospizio.”

Forse era matura… O forse stava solo provando a sembrare adulta.

“Sei proprio mia sorella, eh?”

Finii il mio caffè e mi alzai. A quel punto Komachi iniziò a spingermi da dietro.

“Fratellone, sei lento. Guarda l’ora! Farò tardiiiii ♪♫ ^^!”

“Dannata mocciosa…”

Se non fosse stata mia sorella l’avrei presa a pedate. Normalmente sarebbe avvenuto il contrario, ma la famiglia Hikigaya funzionava così. Mio padre era insolitamente affettuoso quando si trattava di mia sorella ed era noto che avesse detto che avrebbe ucciso qualsiasi ragazzo si fosse avvicinato a lei e questo valeva anche per suo fratello. Sentirgli dire certe cose mi dava la nausea. Ma resta il fatto che se avessi preso a pedate mia sorella, probabilmente sarei stato cacciato di casa.

Quindi, per farla breve, non solo ero in fondo alla scala sociale a scuola, ma lo ero anche nella mia famiglia.

Uscimmo da casa e montai in bici. Komachi si sedette dietro di me. Mi avvolse la vita con le braccia e si strinse forte.

“Andiamo!”

“Non te l’ha insegnato nessuno che si ringrazia?”

Andare in due in bici in quel modo era proibito dal codice della strada, ma Komachi aveva la mentalità di una bambina, quindi vi pregherei di non prendervela troppo con noi.

Partii agilmente e a quel punto Komachi mi parlò.

“Non fare incidenti oggi, okay? Ci sono anch’ io con te, stavolta.”

“Quindi se faccio un incidente quando sono da solo va bene?!”

“No, no. Fratellone, a volte ti viene quello sguardo vitreo da pesce morto e mi preoccupi. È quello che chiamano ‘l’amore di una sorella minore’, sai?”

Mentre parlava, appoggiò la testa alla mia schiena. Se si fosse limitata a dire solo la prima frase sarei stato tentato di definirla carina, ma ora pensavo solo che fosse una mocciosa un po’ furbetta.

Ma ad essere sinceri… Non volevo nemmeno mettere addosso alla mia famiglia un’ansia inutile.

“Va bene, starò attento.”

“Soprattutto quando ci sono anch’io, mi raccomando.”

“Mi stai pregando di scegliere la strada più dissestata per arrivare a scuola, o sbaglio?”

Ma ovviamente non volevo rivivere una situazione del passato, quando per tutto il percorso avevo sentito ‘Ahi, che male!’, ‘Il mio sedere!’, ‘Adesso non potrò più sposarmi!’, quindi scelsi la strada più piatta possibile. Per colpa di tutte le sue esclamazioni, avevo una pessima reputazione in tutto il vicinato…

Comunque, la mia priorità era spostarmi in modo sicuro.

Durante il mio primo giorno di scuola avevo avuto un incidente stradale. L’inizio di una nuova vita scolastica mi aveva reso nervoso e avevo decretato il mio destino quando decisi di partire per la cerimonia d’apertura con un’ora d’anticipo.

Mi sembra che fossero le sette di mattina. A una ragazza che stava portando il cane a passeggio vicino a scuola era sfuggita la presa sul guinzaglio. Sfortunatamente, in quel momento una limousine che sembrava molto costosa stava percorrendo quella strada. Senza pensarci mi ero lanciato verso di loro a tutta velocità.

Come conseguenza dovettero chiamare un’ambulanza per portarmi in ospedale. Fu in quel momento che venne segnato il mio destino di solitario al liceo.

Per colpa dell’incidente, la mia bici nuova di pacca era ridotta veramente male. E io avevo rimediato una frattura del mio piede sinistro fatato.

Se fossi stato un giocatore di calcio, un’ombra si sarebbe abbattuta sul calcio giapponese, quel giorno. Per fortuna non lo ero.

Fu un sollievo, poi, che non ero ferito gravemente.

Quel che non fu affatto di sollievo era che gli unici a venirmi a trovare in ospedale furono i miei famigliari.

Venivano a visitarmi una volta ogni tre giorni. Cavolo, almeno potevate venire ogni giorno…

Dopo l’incidente, mia sorella e i miei genitori incominciarono a cenare spesso fuori. Ogni volta che lei veniva a casa dicendo che avevano mangiato sushi o barbecue coreano mi veniva voglia di spezzarle un mignolo.

“Ma sei guarito davvero in fretta. Dev’essere stato merito del gesso. Dopo tutto il gesso è il modo migliore per curare le abrasioni!”

“Scema, stai confondendo il gesso con gli unguenti, lo sai? E poi avevo una frattura, mica un’abrasione.”

“Fratellone, stai ricominciando a parlare in modo strano.”

“Seee! Sei tu quella che non capisce!”

Ma sembrava che lei non mi stesse ascoltando e cambiò argomento come se fosse la cosa più normale al mondo.

“Che lo sai, fratellone…”

“Eh? ‘Che lo sai’? Starai mica scimmiottando le Issei Fuubi Sepia?[2] Così sembri davveeero vecchia.”

Sai, fratellone… devi avere qualche problema alle orecchie.”

“Sei tu quella che non sa parlare…”

“Sai, dopo il tuo incidente la padrona del cane è venuta a ringraziarci.”

“Non me l’avevi detto…”

“Stavi dormendo. E ci ha portato dei dolci. Erano davvero buoni!”

“Non mi ricordo di aver mangiato quei dolci. Perché te li sei mangiati tutti senza dirmi niente?”

Mentre lo dicevo, mi voltai a guardare indietro e vidi che Komachi aveva un sorrisino timido. Era davvero irritante questa mocciosa…

“Ma sai, va alla tua stessa scuola. Non l’hai incontrata? Aveva detto che ti avrebbe ringraziato a scuola.”

Senza rendermene conto frenai di colpo. “Ahi!” Sentii un urlo da dietro, seguito dall’impatto del volto di Komachi contro la mia schiena.

“Che è successo?”

“Ma perché non me l’hai detto prima?! Le hai chiesto come si chiamava?”

“Eh? Era quella dei dolci, no?”

“Mica è il festival del Bon Odori. Non dirlo come se fosse ‘Quello del prosciutto.’ Allora, come si chiamava?”

“Beh, me lo sono scordata. Ah, siamo arrivati. Io vado!”

Non finì nemmeno di parlare che era subito saltata giù dalla bici ed era corsa verso il cancello della scuola.

“Mocciosa del cavolo…”

Fissai malamente mia sorella mentre si allontanava, ma giusto prima di sparire oltre il cancello lei si girò verso di me e fece un rapido inchino.

“Vado, fratellone! Grazie per il passaggio!”

A quelle parole, dette con un sorriso mentre mi salutava con la mano, perfino io pensai che la mia sorellina fosse davvero carina. Ricambiai il suo saluto e la sentii aggiungere “e stai attento alle macchine!”

Mi lasciai sfuggire un sospiro rassegnato e girai la bici nella direzione della mia scuola.

Quella scuola dove avrebbe dovuto esserci anche la padrona di quel cane.

Non è che avessi alcun piano su cosa fare dopo averla incontrata, ero solo un po’ curioso.

Però, il fatto che non ci fossimo incontrati a un anno di distanza dall’incidente mi fece pensare che non le interessasse poi così tanto… Non era niente di strano. In fondo mi ero solo rotto le ossa per il suo cane. Era più che sufficiente mandare a casa mia un regalo come ringraziamento.

Il mio sguardo di colpo cadde sul cestino attaccato davanti alla mia bici e vidi una cartella nera che non era mia.

“Che rimbambita…”

E nel momento in cui girai la bici e iniziai a tornare indietro, vidi Komachi che correva verso di me con le lacrime agli occhi.

6-2

Le attività svolte durante l’ora di ginnastica cambiavano di mese in mese.

Le lezioni di ginnastica nella mia scuola erano tenute unendo tre diverse classi e i sessanta ragazzi di quel gruppo venivano smistati in due discipline diverse.

Il mese scorso potevamo scegliere tra pallavolo e corsa. Adesso la scelta era tra calcio e tennis.

Ovviamente, sia io che Zaimokuza eravamo dei calciatori provetti, ma purtroppo entrambi eravamo più portati per le abilità individuali. Di conseguenza decidemmo che sarebbe stato controproducente per noi unirci a quelli che avevano scelto di giocare a calcio e quindi optammo per il tennis. E poi… Io avevo abbandonato il calcio per sempre per via delle mie vecchie ferite al piede sinistro. Non che avessi mai giocato a calcio, se è per quello…

Tuttavia sembrava che quest’anno ci fossero troppe persone che volevano giocare a tennis. Quindi, dopo una sfida eroica a sasso-carta-forbici, mi ritrovai incluso nel gruppo del tennis mentre Zaimokuza venne rispedito a giocare a calcio.

“Uff, Hachiman… È veramente disdicevole non poter dar mostra della mia magica palla tagliata. Senza di te… Con chi mai potrò far coppia negli esercizi sui passaggi?”

Quella scena mi colpì profondamente: Zaimokuza non era più sicuro come suo solito ed era sprofondato nella disperazione.

Chi mai vorrebbe far coppia con te? A dire il vero, lo stesso valeva anche per me.

E così iniziò la lezione di tennis.

Feci qualche esercizio di riscaldamento in modo svogliato e poi ascoltai la spiegazione del nostro insegnante, il professor Atsugi.

“Bene, ora provate a fare qualche scambio. Dividetevi in coppie, uno per lato del campo.”

A quel punto tutti formarono delle coppie e si disposero secondo le indicazioni del prof.

Come cavolo avevano fatto a stabilire le coppie così in fretta? Non si erano nemmeno guardati attorno. Erano forse dei maestri dei no-look pass?

Il mio sensibilissimo radar da solitario entrò in funzione, rilevando la concreta possibilità di rimanere da solo.

Non temete: avevo sviluppato una tattica speciale per situazioni come questa.

“Sa, non mi sento proprio bene… Non potrei andare a palleggiare da solo contro il muro? Non vorrei essere di peso agli altri.”

Senza nemmeno aspettare la risposta del professor Atsugi, andai velocemente verso il muro e iniziai a prenderlo a pallate. Lui si rese conto di aver perso il momento giusto per dirmi qualcosa e quindi mi lasciò fare.

Era perfetto…

Le frasi ‘Non mi sento molto bene’ e ‘essere di peso agli altri’ avevano un’alta sinergia. Usarle mi permetteva di comportarmi come se davvero avessi intenzione di darci dentro.

Era questa la contromisura perfetta che avevo scoperto dopo innumerevoli lezioni di ginnastica, quando ci dicevano di ‘fare coppia con chi preferite’. Forse avrei dovuto insegnarla anche a Zaimokuza prima o poi… Sono sicuro che avrebbe pianto lacrime di gioia.

Correvo dietro la palla e la colpivo verso il muro, ancora e ancora. Il tempo scorreva pian piano mentre mi dedicavo a quella noiosissima attività.

Urla entusiaste provenivano dagli altri ragazzi che si impegnavano seriamente nelle loro partite.

“Uahhhh! Ehhh?! Che gran colpo! Davvero incredibile, non trovate?!”

“Pazzesco! Nessun altro sarebbe riuscito a tirare una palla simile! Da paura!”

Tutto quel chiasso faceva capire che si stavano decisamente divertendo.

Pensai “Ma state un po’ zitti…”, e quando mi girai, vidi Hayama.

La coppia in cui era Hayama, o meglio il gruppo di quattro di cui sembrava far parte, era formato oltre a lui da un biondino che gli avevo spesso visto girare intorno in classe e da altri due che faticavo a riconoscere. Saranno stati di una delle altre due sezioni, la I o la C… In ogni caso era come se emanassero un’aura di eleganza estremamente appariscente, mentre giocavano.

“Ehiiii!” Il biondino sbagliò la risposta sul colpo di Hayama e gridò. Si girarono tutti verso di lui, increduli.

“Hayama, quel colpo era di tutt’altro livello! Non ha forse curvato, quella palla? Ha curvato, vero!?”

“Ah, temo di aver accidentalmente dato un po’ di effetto alla palla… Scusa, colpa mia.”

Hayama alzò la mano per scusarsi, ma le sue parole vennero sovrastate dalla reazione eccessiva del biondino.

“Davvero?! Sai tirare palle tagliate e colpi del genere?! Hayama, sei il numero uno! Il numero uno!”

“Ahahah, dici davvero?”

Hayama decise di stare al gioco e si mise a ridere con gusto. A quel punto anche gli altri due che stavano giocando con loro parlarono.

“Sei bravo anche a tennis, vero Hayama? Quella palla tagliata che hai tirato ora… Potresti insegnarmi come si fa?”

Il tipo che l’aveva detto e si era avvicinato a Hayama aveva i capelli castani tinti e un aspetto più che normale. Probabilmente era un mio compagno di classe. Non sapevo come si chiamasse, quindi non doveva essere uno dei più noti.

In un lampo, quel quartetto era diventato un sestetto. A questo punto erano il gruppo più numeroso di tutti… Tra l’altro ‘sestetto’ suona proprio come ‘sexaroid’, non trovate? Come sono birichino…

Comunque, fu così che l’ora di ginnastica divenne il regno incontrastato di Hayama. Sembrava quasi di essere fuori luogo se non ne facevi parte. Ovviamente chi non ne faceva parte stava zitto. Addio, libertà di parola…

Il gruppo di Hayama era davvero chiassoso, ma non era lui in realtà a fare rumore. Erano quelli intorno a lui. Più precisamente, il biondino che si era proposto come capo dello staff del regno di Hayama era il più esagerato di tutti.

“Tagliata!”

Sentito? Fa veramente troppo rumore.

La palla che aveva tirato non era affatto tagliata, tanto che volò lontano da Hayama nell’angolo più umido e scuro di tutto il campo. Cioè verso di me.

“Ah, scusa, è colpa mia! E-Ecco…. Hi…? Hikitani? Hikitani, potresti restituirci la palla?”

Chi diavolo sarebbe Hikitani?

Non me la sentivo di correggerlo, quindi mi limitai a prendere la pallina che rotolava verso di me e la tirai indietro.

“Grazie!”

In risposta feci un piccolo inchino col capo.

Perché l’avevo fatto?!

Sembrava che avessi istintivamente pensato ad Hayama come a un mio superiore… Era un atteggiamento fin troppo remissivo anche per me. Era così remissivo che stavo perdendo contro qualcuno anche in remissività…

Presi questi miei pensieri cupi e li scagliai con forza contro il muro.

I muri erano compagni essenziali durante la gioventù.

A proposito, ma perché si dice ‘piatta come un muro’ per dire che una ragazza ha le tette piccole?

Secondo una teoria, i muri intonacati sono solo degli spiriti tanuki, e il muro stesso non è altro che lo spirito che sta espandendo i suoi genitali. Ma che muro sarebbe? Sembrava stranamente morbido… E quindi paradossalmente quando si prende in giro una ragazza dicendole che è piatta come un muro in realtà le si sta dicendo di avere un seno veramente morbido… CVD, come volevasi dimostrare. Sciocchi.

Tuttavia ero sicuro che Hayama non sarebbe mai giunto a quella conclusione. Quella teoria miracolosa era resa possibile solo dal mio insolito risentimento.

Bene, direi che oggi è finita in pareggio… Già, non c’è molto altro da dire.

6-3

Era ora di pranzo.

Stavo mangiando al mio solito posto, che si trovava al primo piano dell’edificio speciale, a fianco dell’infermeria e dietro al bar. Per darvi un’idea più precisa, era un luogo da dove potevo vedere direttamente i campi da tennis.

Stavo mangiando tranquillamente l’hot-dog, l’onigiri[3] al tonno e il Neapolitan Roll[4] che avevo comprato al bar.

E mi sentivo in pace col mondo.

Per tutto il tempo, un suono ritmico di sottofondo mi stava facendo venir voglia di dormire.

Le ragazze che giocavano a tennis tenevano la loro sessione di pratica a mezzogiorno, quindi erano là ad allenarsi contro il muro. Colpivano la palla e poi compivano sforzi eroici per cercare di colpirla quando tornava indietro, e continuavano così.

Seguivo i loro movimenti con gli occhi, mentre mangiavo il pranzo. La fine dell’ora di pausa era vicina e bevevo il mio thé al limone con la cannuccia, quando sentii il vento soffiare.

La direzione del vento era cambiata.

Cambiava ogni giorno a seconda del meteo, ma visto che la scuola era vicina al mare, la direzione in cui soffiava cambiava di solito verso mezzogiorno. Era un po’ come se la brezza marina del mattino tornasse da dove era venuta.

Stare lì da solo, sentendo la carezza del vento sulla pelle, era una bella sensazione.

“Eh? Sei tu, Hikki?”

Quello stesso vento portò una voce familiare. Quando mi girai vidi Yuigahama lì in piedi, che teneva giù la gonna per proteggersi da qualche folata di vento troppo intensa.

“Che ci fai qui?”

“Vengo sempre qui a mangiare.”

“Davvero? Perché? Non sarebbe più comodo mangiare in classe?”

“…”

Yuigahama sembrava davvero sorpresa, ma io non le risposi. Ma secondo te, se potessi farlo credi che sarei qui fuori? Un minimo di tatto, cavolo…

Cambiamo argomento.

“Piuttosto, tu che ci fai qui?”

“Ah, giusto! A dire il vero ho perso una sfida a carta-forbice-sasso con Yukinon e quindi… Direi che sto pagando la penitenza?”

“Parlare con me è una penitenza?”

Che tristezza… Volevo morire.

“M-Ma no, no! Chi perdeva doveva comprare del succo di frutta, tutto qui!”

Yuigahama stava agitando le mani per respingere le mie accuse. Che sollievo, ero davvero sul punto di suicidarmi…

Yuigahama si portò una mano al petto e sospirò sollevata, poi si piazzò seduta di fianco a me.

“All’inizio Yukinon non era d’accordo. ‘Posso procurarmi da sola da mangiare. Cosa ne otterrei, a parte vincere una futile gara?’ Ha detto proprio così!”

Per qualche strano motivo Yuigahama stava provando a imitare Yukinoshita. Non ci era riuscita affatto.

“Beh, sembra lei.”

“Sì, ma poi le ho detto ‘Allora pensi di non riuscire a vincere?’ e allora ha deciso di sfidarmi.”

“Beh, sembra lei…”

Quella ragazza normalmente era imperturbabile, ma se si trattava di una gara odiava davvero perdere. Non era un caso se aveva accettato al volo, quando la professoressa Hiratsuka l’aveva sfidata.

“E poi, quando ha vinto, Yukinon ha fatto il pugnetto… Era davvero carina, sai…”

Yuigahama si lascio sfuggire un sospiro felice.

“Credo che sia la prima volta che ho trovato divertenti questi giochi dove si paga la penitenza.”

“Avevi già fatto questo genere di giochi?”

Quando glielo chiesi, Yuigahama annuì.

“Sì, mi è capitato…”

Appena lo disse me ne ricordai. Verso la fine della pausa pranzo c’era sempre casino nell’angolo in fondo alla classe…

“Certo che avete un bel club tutto pettinato.”

“Come mai reagisci così? Non ti piace quel genere di cose?”

“Certo che no. Odio le feste private e le battute che capisci solo se fai parte di un gruppo… Ah, però adoro i dissidi interni. Perché io non sono mai dentro nessun gruppo!”

“Quel motivo non è solo triste, è anche parecchio meschino!”

Ma stai zitta, lasciami in pace…

Yuigahama sorrise, mentre si teneva i capelli per evitare che il vento li scompigliasse. Aveva un’espressione diversa da quando era in classe con Miura e gli altri…

Ah, ho capito… Sembra che si sia truccata meno del solito. Il suo volto sembrava decisamente più naturale. Probabilmente non era un cambiamento recente, ma non è che mi mettessi a fissare le ragazze in volto, di solito… Vabbè, non credeteci…

Ma quella era una prova, seppur minima, del suo cambiamento.

Sarà stato perché era truccata meno, ma… Quando sorrideva i suoi occhi erano più rilassati e il suo volto diventava ancora più giovanile del normale.

“Comunque penso che anche tu abbia i tuoi giri, Hikki. Quando siamo al club parli sempre con Yukinon e sembra che vi divertiate. I-Io mi trovo sempre a pensare di non poter partecipare a quei discorsi…”

Mentre lo diceva, si abbracciò le ginocchia e vi sprofondò la testa. Mi stava guardando di sottecchi.

“Sai, perché magari vorrei anche io prender parte a quei discorsi… N-Non è che ho in mente niente di strano, chiaro?!  I-Intendo anche con Yukinon, sai?! Capito?!”

“Tranquilla… Se si tratta di te non potrei mai cadere in un simile equivoco.”

“E con questo che vorresti dire?!”

Yuigahama alzò la testa. Sembrava davvero arrabbiata… “Ehi, calma, calmati!” Cercai di tranquillizzarla e ripresi a parlare.

“Beh, Yukinoshita è tutt’altra storia. È una causa di forza maggiore.”

“Che vorresti dire?”

“Eh? Beh, per ‘forza maggiore’ si intende un entità o una situazione che è impossibile superare solo con la forza umana. Scusa se ho usato dei paroloni.”

“Ma no! So cosa vuol dire! Sai, mi insulti troppo spesso! Ho superato anch’io il test d’ammissione al nostro liceo, sai?!”

Yuigahama mi colpì alla gola con la mano. Era un colpo preciso che centrò in pieno il mio pomo d’Adamo e mi causò un attacco di tosse. Poi, con lo sguardo perso nel nulla, mi pose una domanda. Sembrava seria.

“Ehi, parlando di test d’ingresso… Ti ricordi il primo giorno di scuola?”

“Coff Coff! Eh? Ah, non proprio… Sai, sono stato coinvolto in un incidente quel giorno.”

“Un incidente…”

“Già. Il primo giorno di scuola stavo pedalando con la mia bici quando il cane di un’idiota si liberò dal guinzaglio. Stava per essere investito da un’auto e quindi l’ho protetto col mio corpo… Ovviamente è stato un gesto eroico e galante.”

In realtà avevo gonfiato un po’ quella storia, ma non è che ci fosse nessun altro che ne fosse a conoscenza… E se nessuno sapeva nulla, allora nessuno avrebbe mai detto niente. Quindi in situazioni del genere pensavo fosse meglio abbellire un po’ la storia.

Ma a quelle parole il volto di Yuigahama si irrigidì.

“U-Un’idiota… Quindi, Hikki, non ti ricordi nulla di quella persona?”

“Sai, non potrei proprio. Stavo soffrendo troppo. E poi evidentemente non mi aveva colpito così tanto da meritare di essere ricordata, quindi direi che doveva essere piuttosto insignificante.”

“(sussurro) Insignificante… B-Beh quella volta non mi ero truccata… e i miei capelli non erano tinti e avevo indosso una tuta qualsiasi… Ah, e sulla tuta c’erano degli orsacchiotti, quindi forse sembravo davvero un’idiota…”

La voce di Yuigahama era così fievole che non riuscivo a sentirla. Vedevo solo le sue labbra muoversi mentre bisbigliava qualcosa fissando il pavimento. Che avesse mal di pancia?

“Tutto bene?”

“Sì… Non è niente… Comunque! Non ti ricordi affatto di quella ragazza, vero Hikki?”

“Esatto. Come ti dicevo non ricordo… Ehi aspetta… Ho detto che era una ragazza?”

“Eh?! M-Ma certo, certo che l’hai detto! Praticamente dicevi solo ‘la ragazza, quella ragazza, la ragazza, quella ragazza’!”

“Ma sono davvero così grezzo?”

A quel punto Yuigahama si limitò a rispondermi con una risata sonora ma vuota allo stesso tempo e, sempre sorridendo, si girò a guardare i campi da tennis. Per tutta risposta mi girai e seguii il suo esempio.

Doveva essere ora per le ragazze del club di tennis di concludere l’allenamento. Stavano tornando indietro tergendosi il sudore.

“Ehi! Sai! \(^^)/ ”

Yuigahama gesticolò per attirare la sua attenzione. Sembrava che avesse visto una sua conoscenza.

Quella ragazza notò Yuigahama e corse verso di noi con passo leggero.

“Ciao. Avevi allenamento?”

“Sì. La nostra squadra adesso è proprio debole, quindi dobbiamo allenarci durante la pausa pranzo… Abbiamo chiesto tantissime volte di poter usare i campi a quest’ora e finalmente ce ne hanno dato il permesso. Cosa ci fate qui, voi due?”

“Beh, tendenzialmente niente…”

Si girò verso di me come per avere conferma. Beh, io stavo pranzando e tu passavi di qui perché avevi qualcosa da fare, no? Ma hai la capacità di concentrazione di un canarino?

“Capisco.” Quella ragazza, che si chiamava Sai o qualcosa del genere, ci sorrise.

“Giochi a tennis durante l’ora di ginnastica e ti alleni anche a pranzo… Dev’essere pesante.”

“È vero, ma sono io a volerlo fare, quindi va bene così… Ah, anche tu, Hikigaya, sei davvero bravo a giocare a tennis.”

Iniziò a parlare di me e quindi, ovviamente, mi zittii per la sorpresa. Era la prima volta che mi dicevano una cosa simile. Ma soprattutto, chi era questa? Come faceva a sapere come mi chiamavo?

“Eh?!” Volevo farle qualche domanda ma prima che potessi parlare Yuigahama si intromise, come se fosse stupita.

“Davvero?!”

“Sì, ha una forma fantastica!”

“Ahahah, così mi metti in imbarazzo… (sottovoce) Ma chi è questa?”

L’ultima parte la dissi a voce bassa così da farmi sentire solo da Yuigahama, ma lei vanificò subito i miei sforzi.

“Cosaaa?! È in classe con noi! Fate anche lezione di ginnastica assieme! Come fai a non saperlo?! Non ci voglio credere!”

“Scema, certo che lo so! Me lo sono solo dimenticato! E poi i ragazzi non fanno ginnastica con le ragazze!”

Stavo cercando di essere cortese ma lei aveva mandato tutto a monte… Ora tutti avrebbero saputo che non sapevo come si chiamasse questa ragazza. Ed era anche probabile che adesso lei fosse di cattivo umore…

Mentre avevo questi pensieri, lanciai un’occhiata a Sai e vidi che aveva le lacrime agli occhi… Che situazione del cavolo… Se fosse stata un cane avrebbe ricordato un chihuahua, mentre se fosse stata un gatto sarebbe stata un munchkin… Era così carina e triste…

“A-Ahahah. Allora non ti ricordi davvero come mi chiamo. Sono Saika Totsuka e siamo in classe insieme.”

“A-Ah… Scusa… Abbiamo cambiato classe da poco quindi faccio un po’ fatica a ricordare…”

“Veramente eravamo in classe insieme anche il primo anno… Sarà che non ho ‘sta gran presenza…”

“Ma no, che c’entra… Ah, ho capito! Il fatto è che non mi capita spesso di frequentare le ragazze in classe. Pensa che non so nemmeno come si chiama veramente lei!”

“Smettila e vedi di ricordarti!”

Yuigahama mi colpì sulla testa, ma comunque Totsuka sussurrò qualcosa scuro in volto.

“Tu e Yuigahama siete davvero buoni amici…”

“E-Eehhh?! C-Certo che no! Anzi, vorrei davvero ammazzarlo! Vorrei uccidere Hikki e poi morire anch’io… Insomma, hai capito, no?”

“Sì, ha ragione! Comunque fai paura! Sto tremando! Un suicidio d’amore?! Non ne voglio sapere niente!”

“Eh?! M-Ma sei tutto scemo?! Non è quello che intendevo!”

“Certo che voi due andate davvero d’accordo…” disse Totsuka con tono triste, poi si rivolse a me.

“Comunque sono un ragazzo… Ti sembro davvero così gracile?”

“Eh?”

In quel momento i miei pensieri e i miei movimenti si congelarono. Lanciai un’occhiata a Yuigahama. È una bugia, vero? le chiesi con lo sguardo.  Ma Yuigahama, che aveva le guance rosse e sembrava ancora arrabbiata, si limitò ad assentire con decisione.

Un attimo… Ma davvero? Non può essere. Dev’essere uno scherzo.

Alla vista del mio sguardo dubbioso, Totsuka arrossì violentemente. Chinò il capo e mi fissò con gli occhi rivolti in alto.

Abbassò la mano e la portò sui suoi pantaloncini. Bastò quel lieve movimento per attirare la mia attenzione.

“Se proprio vuoi, posso dimostrarlo…”

Sentii un sussulto al cuore.

Sulla mia spalla destra comparve un piccolo Hachiman diabolico. “Grandioso, dovresti dare una sbirciatina… Potrebbe essere il tuo giorno fortunato, sai?” Beh, non ha tutti i torti… Dopo tutto era un’occasione più unica che rara. “Fermo lì” Ah, è arrivato anche l’angioletto… “Già che ci sei perché non le chiedi di togliersi anche la maglietta?” Ma che… Che razza di angelo era?

Alla fine decisi di seguire il mio buon senso.

Sapete, con queste figure androgine il bello sta proprio nel fatto che il loro genere è così ambiguo! E così, dopo aver raggiunto questa logica conclusione, riuscii a calmarmi e a proseguire con le idee chiare.

“Comunque… Mi dispiace. Non lo sapevo davvero, ma ti chiedo scusa se ti ho messo a disagio.”

Quando Totsuka mi sentì dire quelle parole, si asciugò le lacrime che avevano iniziato a formarsi nei suoi occhi e mi sorrise.

“Tranquillo, non è niente.”

“Però, Totsuka… Sono sorpreso che tu sappia come mi chiamo.”

“Ah, ecco… Vedi, Hikigaya, è impossibile non notarti, in classe.”

A quelle parole, Yuigahama mi fissò stupita.

“Davveeeero? Ma se è così insignificante… A me ci vorrebbe un sacco per accorgermi di uno come lui.”

“Scema, è normale che tutti mi notino! Risalto come un ammasso di stelle luminose nel cielo notturno!”

“E come?”

Cavolo, mi aveva risposto senza battere ciglio.

“B-Beh… Quando qualcuno si siede in un angolo della classe e parla da solo non è normale che si faccia notare?”

“Ah, allora è per quello… Beh, sai… Ti porgo le mie più sincere condoglianze…”

Yuigahama distolse lo sguardo da me. Quello era proprio il tipo di atteggiamento che mi metteva di malumore…

L’atmosfera si stava incupendo di nuovo, quindi Totsuka decise di provare a migliorarla.

“Parlando seriamente, Hikigaya, sei davvero bravo a giocare a tennis. Avevi già giocato, prima d’ora?”

“Oddio, qualche volta a Mario Tennis alle elementari, ma mai al tennis vero.”

“Ah, ma quello si gioca tutti in gruppo. Anche io ci giocavo. Le partite in doppio erano le migliori, vero ^^ ?”

“Ho sempre giocato da solo…”

“Eh? Ah, capisco… Scusa…”

“E che cavolo, sei capace solo di tirar fuori brutti ricordi? Hai forse il compito di rievocare ogni singolo trauma che ho subito?”

“Hikki, è colpa tua che ne hai così tanti!”

Sembrava che Totsuka, in piedi al nostro fianco, si stesse divertendo ad assistere a quello scambio tra me e Yuigahama.

Ma a quel punto suonò la campanella che indicava la fine dell’ora di pranzo.

“Torniamo dentro,” disse Totsuka, e Yuigahama lo seguì a ruota.

Restando indietro, li guardai entrambi e venni colto da una strana sensazione.

Capisco… Sono in classe insieme e quindi è normale che vadano via insieme… Per qualche strano motivo la cosa mi commuoveva.

“Hikki? Che fai?”

Yuigahama si voltò verso di me, apparentemente confusa. Anche Totsuka si fermò e mi guardò.

Davvero potevo andare con loro? Stavo per chiederlo quando mi fermai.

Invece dissi le seguenti parole:

“Ma tu non dovevi comprare del succo di frutta?”

“Eh? Ahhh!”

6-4

Qualche giorno dopo ero di nuovo a ginnastica.

Grazie alle mie sessioni di allenamento continue con il muro, ero diventato un vero maestro. Ormai riuscivo a ribattere senza nemmeno muovere un passo.

Dopo le lezioni del giorno seguente, avremmo iniziato a fare delle vere e proprie partite. In pratica, oggi era l’ultimo giorno in cui potevo limitarmi a giocare col muro.

E visto che era l’ultima volta, pensai di godermela al massimo, ma a quel punto sentii qualcuno che mi picchiettava sulla spalla destra.

Ma chi sarà mai questa fatina dietro di me? Nessuno mi rivolgeva la parola, quindi doveva essere per forza un fenomeno paranormale, no?

Mi girai e sentii un dito che mi picchiettava sulla guancia destra.

“Ahahah, ci sei cascato ^^ .”

Era Saika Totsuka, con un sorriso gentile.

Ahi, che diavolo di sensazione era questa? Il mio cuore stava battendo all’impazzata. Se non fosse stato un ragazzo gli avrei chiesto di uscire con me, per poi subire un rifiuto istantaneo. Cavolo, voleva forse dire che sarei stato rifiutato anche in questo caso?

In ogni caso, era evidente che Totsuka fosse un maschio quando lo si vedeva con la divisa scolastica, ma quando invece indossava quella da ginnastica, che era uguale per entrambi i sessi, non era affatto così. Se avesse avuto le calze nere lunghe fin sopra la caviglia sarebbe stato impossibile capirlo.

Aveva le braccia, le gambe e anche la vita sottili, e la sua pelle era bianchissima.

Oddio, era vero che non aveva ‘ste gran tette, ma se è per quello non le aveva nemmeno Yukinoshita.

Per qualche strano motivo sentii un brivido spaventoso lungo la schiena.

Una volta che mi fui calmato parlai con Totsuka, che stava lì in piedi e mi sorrideva.

“Che c’è?”

“Ah. Beh, oggi il ragazzo con cui faccio coppia di solito non c’è. Quindi… Se vuoi, ecco… Ti va di fare coppia con me?”

E smettila di guardarmi con quegli occhioni, cavolo. Sei troppo carino così. Smettila di arrossire…

“Va bene. Ora come ora sono da solo.”

Scusami, muro, oggi non posso stare qui con te

Dopo essermi scusato con il muro e aver risposto a Totsuka, quest’ultimo sembrò sollevato. “Fiuuu, meno male!” lo sentii sussurrare.

Cavolo, a quelle parole mi innervosii subito. Era davvero troppo carino.

Stando a Yuigahama, alcune delle ragazze qui a scuola avevano iniziato a chiamarlo ‘il principe’ visto quanto era carino. Giusto, visto che Totsuka era un ragazzo di bell’aspetto che era anche grazioso come una ragazza, quel soprannome gli calzava a pennello. E poi ti faceva venire voglia di proteggerlo.

E così la mia sessione di allenamento con Totsuka ebbe inizio.

Totsuka era nella squadra di tennis, era normale che fosse bravo.

Arrivò a ribattere il meraviglioso servizio che avevo perfezionato nelle mie sessioni con il muro, rimandando la palla esattamente dov’ero.

Dopo aver ripetuto quello scambio più e più volte lui si mise addirittura a parlarmi, come se si stesse annoiando.

“Come pensavo, sei davvero bravo, Hikigaya.”

Visto che eravamo abbastanza lontani, Totsuka parlò piano e distintamente.

“Sono un fenomeno a colpire il muro, quindi non posso che essere un maestro a tennis.”

“Ma quello è squash, non è tennis…”

Intanto che ci scambiavamo con calma quelle frasi, continuavamo a giocare. Succedeva che gli altri intorno a noi mancassero qualche colpo o qualche risposta, mentre noi invece procedevamo senza interruzioni.

Poi, quando Totsuka fermò la pallina prendendola in mano invece di rispondere, ci fermammo.

“Prendiamoci una pausa.”

“D’accordo.”

Ci sedemmo l’uno accanto all’altro. Perché si era seduto di fianco a me? Non era un po’ strano? Non era più normale per due ragazzi sedersi l’uno di fronte all’altro? Non era troppo vicino? Non era estremamente vicino?

“Senti, Hikigaya, volevo chiederti un consiglio…” disse Totsuka con espressione seria.

Capisco. Se voleva chiedermi qualcosa del genere in segreto, dovevamo per forza essere così vicini. Era quello il motivo, vero?

“Un consiglio?”

“Sì. A dire il vero, si tratta del club di tennis… Non siamo molto forti, lo sapevi? Non siamo nemmeno in tanti. E se tutti quelli del terzo anno si diplomeranno prima del prossimo torneo, sarà davvero dura. Molte delle matricole che si sono iscritte al club hanno appena iniziato a giocare a tennis, quindi non è che ci sappiano fare… E siccome siamo messi così male è difficile anche trovare la motivazione giusta. D’altra parte, non c’è nemmeno bisogno di litigarsi il posto in squadra, quindi…”

“Ho capito.”

Era perfettamente logico. Infatti sembrava un problema diffuso tra i club sportivi più piccoli e deboli.

Visto che il club non era forte, nessuno voleva iscriversi. E siccome non c’erano tanti membri, nessuno doveva competere per assicurarsi un posto da titolare.

Anche prendendosi una pausa o saltando qualche allenamento, sarebbe stato comunque possibile partecipare al torneo… E ad alcuni quello bastava per sentirsi coinvolti. C’era indubbiamente della gente che ne sarebbe stata soddisfatta, anche se non avesse vinto nemmeno una partita.

Quei giocatori non sarebbero migliorati mai e quindi il club non avrebbe attirato alcun nuovo membro. Era un circolo vizioso.

“Quindi… Se a te andasse bene, che ne diresti di iscriverti al club di tennis?”

“… Eh?”

E questa da dove salta fuori?

Totsuka scorse la confusione nei miei occhi e sembrò rimpicciolirsi, mentre stava lì rannicchiato. D’improvviso mi guardò, con espressione implorante.

“Tu sei bravo a giocare a tennis e io credo di riuscire a migliorare. Penso anche che questo motiverebbe gli altri. E poi… nel caso tu accettassi sono sicuro che riuscirei a dare il massimo. E-Ecco… Non intendevo dirlo in modo così ambiguo! È-È solo che voglio diventare più forte a tennis!”

“Va bene anche se sei debole… Ci penserò io a proteggerti.”

“Come?”

“Ah, scusa. Colpa mia.”

Alla vista dell’adorabile innocenza di Totsuka me ne uscii con la frase sbagliata, anche se avrei dovuto cercare di stare serio. Ma capitemi, era davvero troppo grazioso. Era così grazioso che avevo rischiato di accettare di iscrivermi al suo club così su due piedi. Avevo quasi alzato la mano con la decisione tipica di chi si lancia alla carica per prendersi l’ultima fetta di torta in una pasticceria.

Ma a prescindere da quanto fosse grazioso, c’erano alcune richieste che proprio non potevo accettare.

“Scusa, non credo di poterlo fare…”

Conoscevo fin troppo bene la mia personalità.

Dal mio punto di vista, andare ogni giorno al club non aveva senso, così come non ne aveva fare attività fisica ogni mattina. Gli unici a farlo erano quei vecchi rimbambiti che facevano tai-chi al parco, no? E poi il mio motto era ‘Non ce la faccio proprio a continuare ^^…” Potrà anche sembrare che l’avessi rubato da Korosuke, il personaggio di Kiteretsu[5], ma il fatto è che ero certo che avrei mollato il club prima o poi. Ero riuscito a bigiare anche al mio primo lavoro part-time, dopo soli tre giorni.

Se uno come me si fosse iscritto al club di tennis, avrei potuto garantire nel modo più assoluto che Totsuka si sarebbe sentito solo depresso.

“Capisco…” disse lui con dispiacere, mentre cercavo qualcosa da dire.

“Beh, senti… Stai tranquillo. Cercherò di inventarmi qualcosa.”

Anche se non potevo farci nulla.

“Grazie, mi sento già meglio dopo averti parlato, Hikigaya.”

Totsuka mi sorrise, ma sapevo che non sarebbe durato a lungo. Eppure allo stesso tempo una parte di me non poté fare a meno di pensare che se lui era tranquillo, anche se solo per breve tempo, in fin dei conti ne valeva la pena.

6-5

“È impossibile.”

Furono quelle le prime parole di Yukinoshita.

“Dici che è impossibile, ma io…”

“Se ti dico che è impossibile, è impossibile.”

E così la mi richiesta venne respinta di nuovo.

Era iniziato tutto quando ero andato a chiederle consiglio dopo quel che mi aveva detto Totsuka.

Il mio piano prevedeva di guidare il discorso in modo che potessi annunciare il mio ritiro dal Club di Volontariato per poi annunciare pubblicamente che sarei entrato in quello di tennis. In seguito, senza fretta, mi sarei eclissato anche da quel club. Ma ora stava andando tutto all’aria.

“Sai, riesco a capire quello che Totsuka vorrebbe da me se entrassi nel suo club. In pratica dovrei solo ridargli un po’ di grinta. La situazione non si smuoverebbe se il club avesse un nuovo iscritto?”

“Credi davvero di riuscire a sopravvivere in un’attività di gruppo? Pensi che accetterebbero di buon grado uno come te?”

“Uff…”

Aveva ragione. Non è che lasciare il club sarebbe stato stupendo, ma se avessi visto tutta quella gente a cazzeggiare e divertirsi avrei potuto andare prenderli a racchettate.

Yukinoshita si lasciò sfuggire una risatina che assomigliava tanto a un sospiro.

“Non capisci proprio cosa significhi stare in un gruppo, vero? Sei un maestro nello stare da solo.”

“Senti chi parla.”

Lei ignorò totalmente la mia replica e riprese a parlare.

“Ammetto che sarebbe anche possibile che si unissero per combattere un nemico comune come te. Ma farebbero solo il minimo indispensabile per sbatterti fuori, quindi non migliorerebbero. Non servirebbe a nulla. La fonte sono io.”

“Capisco… Aspetta un attimo, ti è già successo?”

“Sì. Sono tornata dall’estero durante le medie. Naturalmente dovevo trasferirmi in una scuola qui, ma tutte le ragazze della mia classe… O meglio, tutte le ragazze della scuola provarono a fare di tutto per mandarmi via. Eppure nessuna di loro provò a migliorarsi fino al punto di superarmi… Povere illuse…”

Avrei giurato che dietro la sua schiena ci fossero delle fiamme nere sospese in aria.

Cavolo, mi sa che ho appena toccato un tasto dolente…

“B-Beh, credo di avere più o meno capito. D’altra parte non è strano che succeda qualcosa del genere quando si parla di ragazze carine come te…”

“M-Ma certo. In confronto alle altre ragazze non è esagerato dire che il mio aspetto è di gran lunga migliore e non che loro siano così docili da ammetterlo e arrendersi, quindi si può dire che sia normale che sia successo. Però anche Yamashita e Shimamura erano carine e ai ragazzi piacevano parecchio. Ma era solo per il loro aspetto. Quando si parlava di risultati scolastici, sport, abilità artistica, galateo o volontà non avevano la minima speranza. E visto che non riuscivano a superarmi nemmeno mettendo il mondo sottosopra, è normale che provassero a concentrare tutti i loro sforzi per cercare di tirami giù al loro livello…”

Sembrava che fosse rimasta senza parole per un attimo, ma era subito tornata la solita Yukinoshita che sparava frasi elaborate, per darsi importanza, una dietro l’altra. Qualcuno avrebbe potuto dire che il suo discorso scorreva come un fiume, ma a me ricordava più le cascate del Niagara. Mi stupì sinceramente il fatto che riuscisse a dire tutto quello senza perdere un colpo.

Che sia il suo modo per nascondere l’imbarazzo? Ma allora anche lei sa essere graziosa…

Yukinoshita stava riprendendo fiato, forse perché aveva parlato così tanto. Era anche un po’ rossa in volto.

“Ti dispiacerebbe evitare di dire certe assurdità? Sto solo tremando dalla paura.”

“Ah, che sollievo. Come supponevo, non sei per niente graziosa.”

A dire il vero, Totsuka era molto più grazioso di qualsiasi ragazza che conoscessi… E che cavolo.

Ah, giusto. In teoria stavamo parlando proprio di lui.

“Ma non sarebbe bello per Totsuka se si potesse fare qualcosa per migliorare il club di tennis?”

A quelle parole Yukinoshita sgranò gli occhi e mi fissò stupita.

“Che strano… E da quando sei diventato uno che si preoccupa per gli altri?”

“Beh, ascolta. È la prima volta che qualcuno mi chiede un consiglio, quindi…”

In fin dei conti la cosa mi rendeva felice. E poi Totsuka era davvero grazioso… Senza accorgermene stavo sorridendo, ma Yukinoshita si intromise, come per infrangere il mio sorriso.

“A me hanno chiesto una marea di consigli d’amore, in passato.”

Lo disse gonfiando il petto con orgoglio, ma la sua espressione si stava man mano facendo scura.

“Anche se quando si tratta di consigli d’amore e ragazze, spesso si tratta solo di misure preventive.”

“Eh? In che senso?”

“Se qualcuno dice apertamente chi gli piace poi è normale che chi gli sta intorno sia un po’ più cauto, no? È un po’ come segnare il territorio. Se provi a prendertelo dopo aver sentito quelle parole, ti trattano come una ladra e vieni estromessa dal gruppo. Anche se è lui a dichiararsi. Era davvero necessario che mi dicessero quelle cose?”

Vidi di nuovo le fiamme nere di prima. Quando aveva parlato di ‘ragazze e consigli in amore’ avevo sperato in un ricordo agrodolce, ma questo sembrava solo spiacevole.

Perché aveva dovuto infrangere un altro dei sogni di questo ragazzo puro e innocente? Solo per il gusto di farlo?

Come per spazzar via quei brutti ricordi si lasciò andare a una risata amara.

“In definitiva, non credere che ascoltare i desideri di tutti e cercare di essere d’aiuto sia un bene. Com’era quel vecchio detto? ‘Anche i leoni buttano i loro cuccioli in buche profonde e li uccidono.’”[6]

“Ucciderli vanificherebbe tutto, no?”

E comunque, il detto giusto da usare sarebbe ‘Anche quando danno la caccia ai propri cuccioli, i leoni usano tutte lo loro forze.’

“Ma quindi tu cosa faresti?”

“Io?”

Yukinoshita batté le palpebre, confusa, per poi diventare assorta.

“Vediamo… Li farei correre fino a farli schiattare, allenare a colpire fino a schiattare, per finire con partite d’allenamento fino a farli schiattare.”

Il fatto che riuscisse a dire certe cose con un lieve sorriso era davvero spaventoso.

Ero senza parole, ma in quel momento si sentì il rimbombo della porta che veniva aperta con forza.

“Ciaoo~~!”

In completo contrasto con Yukinoshita, Yuigahama entrò, presentandosi con quel saluto spensierato e svitato allo stesso tempo.

Aveva come sempre quel suo sorriso idiota stampato in volto e sembrava che non avesse alcun pensiero o preoccupazione.

Tuttavia dietro di lei c’era un’altra persona, con l’espressione seria ma un po’ rassegnata.

Nei suoi occhi non vi era traccia di sicurezza, quando li diresse a terra, mentre si aggrappava debolmente al bordo della giacca di Yuigahama. Aveva la pelle bianca e pallida. Mi sembrò uno di quei sogni vaghi, quelli che svaniscono non appena ci pensi più attentamente.

“Ah… Hikigaya!”

Nel momento in cui mi vide, fece un sorriso smagliante e sembrò che gli tornasse un po’ di colore. In quel momento capii finalmente chi fosse. Perché sembrava così abbacchiato?

“Totsuka…”

Si avvicinò a me lentamente, a piccoli passi, e strinse con forza la mia manica. Ehi ehi, è contro le regole… anche se in fondo è un ragazzo.

“Hikigaya, cosa ci fai qui?”

“Sai, faccio parte di questo club… Piuttosto, perché tu sei qui?”

“Oggi ho portato un nuovo cliente, eheh~~.”

Le tette incomprensibilmente grosse di Yuigahama ballonzolarono mentre parlava. Non lo stavo chiedendo a te. Volevo sentirmelo dire dalle labbra graziose di Totsuka…

“Dai, non fare così. Faccio anch’io parte di questo club, sai? Ho pensato di dover fare la mia parte. E poi sembrava che Sai avesse qualcosa in mente, quindi l’ho accompagnato qui.”

“Yuigahama.”

“Yukinon, non serve che mi ringrazi. Come membro del club è il minimo che io possa fare.”

“Yuigahama, non mi risulta che tu sia un membro di questo club…”

“Non lo sono?!”

Non lo è?! Che strano… Pensavo fosse ormai evidente che ne stesse pian piano diventando parte.

“Esatto. Non hai mai consegnato il tuo modulo d’ammissione e il nostro insegnante responsabile non ha certificato la tua iscrizione, quindi non sei un membro del club.”

Quando si trattava di regolamenti, Yukinoshita era incredibilmente rigida.

“Ne compilo subito uno! Se vuoi una richiesta d’ammissione, te ne scriverò un milione! Basta che mi lasci iscrivere!”

Yuigahama aveva le lacrime agli occhi quando prese un foglio e incominciò a scrivere. “richiesta di ammissione”… Almeno scrivilo in maiuscolo, cavolo.[7]

“Quindi, tu sei Saika Totsuka, giusto? Cosa possiamo fare per te?”

“E-Ecco… Io vorrei… Migliorare il club di tennis… Credo…”

Inizialmente, Totsuka parlando guardò Yukinoshita, ma gradualmente girò lo sguardo verso di me.

Per favore non guardarmi… Il mio battito sta accelerando, cavolo, guarda qualcun altro.

Ma proprio mentre avevo quei pensieri, Yukinoshita rispose al posto mio, anche se ero sicuro che non avesse la minima intenzione di venire in mio soccorso.

“Non sono sicura di cosa ti abbia detto Yuigahama, ma il club di volontariato non è un club di tuttofare. Siamo qui solo per incentivare e promuovere l’indipendenza. Che il club di tennis diventi migliore dipende solo ed esclusivamente da te.”

“Capisco…”

Totsuka sembrò profondamente deluso e le sue spalle si affossarono. Sono certo che Yuigahama gli avesse parlato in modo da generargli delle alte aspettative.

“Dov’è il timbro, dov’è il timbro…”[8], borbottò Yuigahama mentre cercava qualcosa nella sua borsa. La fissai e quando se ne accorse alzò lo sguardo su di me.

“Eh? Che c’è?”

“Non rispondere così. Per colpa delle tue promesse da irresponsabile dobbiamo spezzare le speranze e i sogni fragili di questo giovane uomo.”

Yukinoshita si rivolse aspramente a Yuigahama. Lei tuttavia si limitò a inclinare la testa come se fosse confusa.

“Eh? Ehhh? Ma sai, ero convinta che voi due sareste riusciti a fare qualcosa per lui. O sbaglio?”

Yuigahama lo disse con un tono spensierato. Ma a seconda di come si valutassero quelle parole, si poteva quasi sentire un tono di sfida in quelle parole.

E, sfortunatamente, c’era qualcuno che l’avrebbe vista esattamente così.

“Uff, che mi tocca sentire. Che quello lì possa combinare qualcosa di buono è da vedere, ma non avrei mai pensato che mi avresti messa alla prova così.”

Yukinoshita rise. Ecco, sembra che sia scattato uno strano interruttore nella sua testa… Yukino Yukinoshita era il tipo di persona che affrontava a viso aperto e che spazzava via con tutta la sua forza qualsiasi sfida. Cavolo, sarebbe stata capace di spazzare via tutto anche senza essere provocata. Era il tipo di persona che avrebbe assalito anche un pacifista in stile Gandhi quale ero io.

“Bene, Totsuka, accetterò la tua richiesta. Tutto quel che devo fare è aiutarti a migliorare la tua abilità nel giocare a tennis, giusto?”

“S-Sì, è così. S-Se riuscissi a diventare più bravo, penso che anche gli altri si sforzerebbero di più.”

Forse aveva ceduto alla pressione dello sguardo fermo di Yukinoshita, ma ora Totsuka si era nascosto dietro di me per risponderle. Il suo volto spuntava appena da sopra la mia spalla, e vidi la paura e il disagio nei suoi occhi. Sembrava quasi un coniglietto selvatico impaurito… E mi fece venir voglia di fargli indossare un costume da coniglietta.

D’altra parte era normale essere spaventati, quando la regina di ghiaccio ti offriva il suo aiuto. Riuscivo a immaginare Yukinoshita che diceva ‘Ti renderò più forte, in cambio della tua anima!’ o qualcosa del genere. Che fosse una strega?

Per alleviare il disagio di Totsuka, feci un passo avanti per proteggerlo.

Quando gli fui vicino, sentii odore di shampoo e deodorante. Era un profumo incredibilmente femminile da liceale. Che diavolo di shampoo usava?

“Beh, credo non sia un problema dargli una mano, ma cosa dovremmo fare esattamente?”

“Te l’ho già detto, no? Non ti ricordi? Se non ti fidi della tua memoria potresti prendere degli appunti, sai?”

“Un attimo, non mi dire che prima eri seria…”

Stavo ricordando le parole di Yukinoshita quando aveva detto che avrebbe fatto lavorare la gente ‘fino alla morte’, quando mi accorsi che lei mi stava sorridendo… Quasi come se mi leggesse nel pensiero. Cavolo, quel sorriso era davvero spaventoso…

La pelle bianca di Totsuka divenne ancor più pallida e iniziò a tremare.

“Ma io… morirò?”

“Tranquillo. Ti proteggerò io.”

Dissi quelle parole e gli diedi una pacca sulla spalla. In quel momento Totsuka arrossì e mi lanciò uno sguardo surriscaldato.

“Hikigaya… Stai dicendo sul serio?”

“No, scusa… Avevo solo voglia di dirlo.”

Per noi ragazzi ‘Ti proteggerò io’ era nella top tre delle cose che avremmo voluto dire. Se proprio siete curiosi, sappiate che al primo posto c’è ‘Ci penso io. Voi andate pure avanti’. In ogni caso, se non fossi riuscito a tener testa a Yukinoshita sarebbe stato impossibile proteggere chiunque da lei. Era solo che… Se non fossi saltato fuori con qualcosa che facesse stare meglio Totsuka, allora il suo disagio non sarebbe mai sparito.

Totsuka si lasciò sfuggire un sospiro e si accigliò.

“A volte non riesco davvero a capirti, Hikigaya… Però…”

“Mmm, ti alleni a tennis dopo la scuola, giusto Totsuka? Allora inizieremo le nostre sessioni speciali di allenamento durante la pausa pranzo. Ci incontriamo direttamente sul campo?”

Interrompendo Totsuka, Yukinoshita prese a fare progetti per l’indomani e i giorni successivi.

“Va bene~~!”

Yuigahama le porse il modulo d’ammissione che aveva appena finito di compilare e rispose così. Anche Totsuka annuì. Quindi… Questo significava…

“Ma allora… Devo venire anch’io?”

“Certo. Dopo tutto non è che tu abbia nulla da fare durante la pausa pranzo, no?”

Come darle torto…

6-6

E fu così deciso che le nostre massacranti sessioni di allenamento sarebbero iniziate il giorno seguente.

Perché mai dovevo partecipare anch’io?

In fin dei conti, questo club di volontariato non avrebbe dovuto essere un piccolo giardino recintato dove i deboli potevano radunarsi e passare il tempo? Non avrebbe dovuto essere un luogo destinato ad accogliere i meno fortunati e dar loro una tregua temporanea?

E in che modo tutto questo era diverso dalla ‘gioventù’ che tanto disprezzavo?

Certo, era possibile che la professoressa Hiratsuka stesse cercando di trasformare questo posto in un sanatorio dove gli infetti come noi venissero isolati e curati.

Ma se la nostra malattia fosse risultata curabile con così poco, allora tanto per cominciare non saremmo stati malati.

Prendete Yukinoshita, ad esempio. Non avevo la minima idea di quali pensieri la turbassero, ma ero certo che non si sarebbero alleviati semplicemente restando qui.

A dire il vero, l’unico modo in cui le mie ferite sarebbero potute guarire in un posto simile sarebbe stato se Totsuka fosse stato una ragazza. Se tramite il club di tennis una specie di commedia romantica si fosse sviluppata, magari la situazione sarebbe cambiata…

Per come la vedevo io, Totsuka era la persona più graziosa di tutto il pianeta Terra. Era sincero, ma ciò che conta ancor di più è che era gentile con me. Se avessi speso un po’ di tempo e di energie a coltivare il nostro reciproco amore sarei potuto crescere anche come essere umano.

Ma sapete… Totsuka è un ragazzo. Dio è un idiota.

Tutta la questione mi fece un po’ deprimere, ma allo stesso tempo mi cambiai, indossando la tuta, e mi diressi ai campi da tennis. Ehi, mi stavo ancora aggrappando all’esile possibilità che fosse una ragazza. Avrei scommesso tutti i miei sogni e le mie speranze su quella possibilità!

Le tute della nostra scuola erano di un improbabile azzurro fluorescente ed erano parecchio vistose. Per colpa di quella dubbia scelta cromatica tutti gli studenti le odiavano e non le indossavano mai, se non per fare ginnastica o altre attività sportive.

Quindi, tutti gli altri indossavano la loro normale divisa scolastica ed io ero l’unico qui che si faceva notare come un idiota con addosso quella tuta.

E per colpa di questo, venni deriso da una persona fastidiosa.

“AahahahahaHachiman.”

“Non mischiare il mio nome con la tua risata in quel modo…”

Nessuno al Liceo Soubu poteva avere una risata così irritante se non Zaimokuza. Aveva le braccia conserte e mi sbarrava il passo.

“Quale fortuna incontrarti qui. Stavo giusto per venire a consegnarti il mio ultimo capolavoro. Tieni, lustrati gli occhi e ammira!”

“Ah, scusa. Al momento sono un po’ preso.”

Feci una finta su un lato e schivai con leggerezza il plico di fogli che stava tendendo verso di me. Ma Zaimokuza mi prese gentilmente per la spalla.

“Non inventarti delle menzogne così banali… Quando mai hai qualcosa da fare, tu?”

“Non sto mentendo. E inoltre, tu sei l’ultima persona al mondo da cui me lo voglio sentir dire.”

Perché mi dicevano tutti le stesse cose? Davo davvero l’impressione di aver così poco da fare? Non che fosse del tutto sbagliato, sia chiaro…

“Uff, lo comprendo, Hachiman. Volevi solo comportarti da figo per un po’ e hai detto una piccola bugia. Poi, per evitare che quella fosse svelata, hai mentito di nuovo. Ma quello è un ciclo senza fine. Il tragico infinito circolo dell’inganno. Ma sai Hachiman, quella è una spirale che non conduce da nessuna parte. Come in genere ogni relazione umana è destinata a non portare a nulla. Ma sei ancora in tempo per redimerti! In passato tu mi hai aiutato, quindi ora è il mio turno di venire in tuo soccorso!”

Zaimokuza pronunciò la frase numero due dell’elenco di quelle che ogni ragazzo vorrebbe dire. Vederlo così sicuro di sé mentre mi faceva il gesto del pollice in alto, era estremamente irritante.

“Seriamente, ho da fare…”

Riuscivo letteralmente a sentire una vena pulsare nella mia tempia per la rabbia e mi preparai a sottomettere Zaimokuza discutendo. Ma poi…

“Hikigaya!”

Sentii una vivace voce da soprano e mi ritrovai Totsuka tra le braccia.

“Che tempismo! Andiamo insieme?”

“S-Sì, certo…”

Totsuka portava la custodia della sua racchetta sulla spalla sinistra e per qualche motivo a me ignoto strinse la mia mano sinistra con la sua destra. E che cavolo…

“H-Hachiman… Q-questo chi è?”

Zaimokuza alternò lo sguardo tra me e Totsuka con lo stupore dipinto in volto. E poi la sua espressione si trasformò gradualmente in una che mi risultava vagamente familiare… Ah, ci sono. Kabuki?[9] Riuscii quasi a sentire gli effetti sonori tipici del Kabuki ‘Iyooo~~~ pon pon pon’, quando gli occhi di Zaimokuza si sgranarono e assunse una strana posa.

“B-Brutto bastardo! Mi hai tradito!”

“Che diavolo vorresti dire con ‘tradito’…”

“Taci! Playboy da strapazzo! Brutto fallito d’un smorfioso! Ti compativo perché eri un solitario ma questo ti ha fatto solo alzare la cresta!”

“’Da strapazzo’ e ‘fallito’ sono un tantino esagerati…”

Però ero un solitario, questo non lo avrei negato.

Zaimokuza mi fissò con lo sguardo indemoniato, mentre gemeva.

“Non ti perdonerò mai…”

“Ehi Zaimokuza, calmati. Totsuka non è una ragazza. È un ragazzo… Forse.”

“N-Non prendermi in giro! È impossibile che qualcuno così grazioso sia un maschio!”

Non suonavo così sicuro di me e Zaimokuza mi urlò contro in tutta risposta.

“Ti sbagli, Totsuka è decisamente un ragazzo grazioso.”

“Ecco… Sentirsi dare del grazioso… È un po’…”

Totsuka che era al mio fianco arrossì e distolse lo sguardo.

“Ecco… Lui è forse un tuo amico, Hikigaya?

“Bella domanda…”

“Uff. È impensabile che io consideri ‘amico’ uno come lui.”[10]

Zaimokuza aveva messo su un broncio colossale. Uffa, è davvero una rottura avere a che fare con ‘sto tizio…

Ma non è che non lo comprendessi. È più che normale rattristarsi e sentirsi traditi quando scopri che un ragazzo con il quale credi di avere qualcosa in comune, in realtà ha un set di valori completamente diverso.

Cosa avrei mai dovuto dire in un simile frangente per recuperare il rapporto tra noi? Purtroppo non avevo una grande esperienza nel settore, non ne avevo idea.

La situazione mi fece un minimo rattristare. Avevo pensato che prima o poi io e Zaimokuza avremmo raggiunto il punto in cui saremmo riusciti a comprenderci a vicenda e allora avremmo potuto riderne insieme.

Ma sembrava che questo non sarebbe stato possibile.

Controllare qualcuno, cercare di far sentire gli altri a proprio agio, assicurarsi di mantenere i contatti, entrare in empatia e infine tramite quei mezzi entrare in maggior sintonia con qualcun altro… Quella non era affatto ‘amicizia’. Se compiti fastidiosi come quelli sono quello che la gente comune chiama ‘gioventù’, allora ne faccio volentieri a meno.

Stare in gruppi ristagnanti come quelli e comportarsi come se ci si stesse divertendo non è per null’altro se non per soddisfazione personale. Che equivale a ingannarsi. È un vizio riprovevole.

Cioè, non vorrei dire, ma… Avere a che fare con uno Zaimokuza geloso è incredibilmente irritante.

Dopo aver verificato che il mio set di valori fosse corretto, giurai a me stesso di proseguire sulla via della solitudine.

“Andiamo, Totsuka.”

Lo tirai per un braccio. “Ah, va bene…” rispose, ma poi non si mosse.

“Ti chiami Zaimokuza… Giusto?”

Zaimokuza sembrava disorientato ma infine annuì.

“Se sei amico di Hikigaya, allora magari potremmo… Essere amici anche noi? Questo mi renderebbe… Felice. Non ho molti amici tra i ragazzi…”

Totsuka pronunciò quelle parole con un sorriso timido.

“Eh… Eheheheh. Ma certo, Hachiman è un mio grande amico. Anzi, siamo dei veri compagni. No, che dico, io sono il suo padrone e lui è il mio schiavo… Beh, se la metti così non credo di avere scelta. Io ti… Come dire… Onorerò con la mia amicizia. Possiamo anche diventare amanti.”

“Mmm, non credo sia una buona idea. Limitiamoci all’amicizia.”

“Ah, capisco… Ehi, Hachiman. Pensi che io gli piaccia? Significa forse che sto diventando popolare? È così, vero?”

Zaimokuza si avvicinò a me in fretta e mi sussurrò quelle parole nell’orecchio.

Come pensavo, la gente come Zaimokuza non può essere mia amica…

Le persone che avrebbero fatto un voltafaccia totale quando avessero pensato di potersi avvicinare a una ragazza carina non sarebbero mai state mie amiche.

“Totsuka, andiamo. Se facciamo tardi poi Yukinoshita si farà sentire.”

“Beh, dobbiamo assolutamente evitarlo. Diamoci una mossa. Lei… È davvero paurosa, in fin dei conti.”

Zaimokuza si mise a seguirci. Sembrava che avesse deciso di unirsi al gruppo. A voler vedere, se qualcuno ci avesse visti dal lato così allineati mentre camminavamo lungo il corridoio avrebbe pensato che fossimo usciti direttamente da Dragon Quest. O meglio… Non Dragon Quest, ma invece qualcosa di più simile a King Bomby, direttamente da Momotetsu…[11]

6-7

Quando arrivammo ai campi da tennis ci accorgemmo che Yukinoshita e Yuigahama erano già lì.

Yukinoshita indossava ancora la divisa scolastica, ma Yuigahama si era cambiata e aveva messo la tuta.

Avevano probabilmente deciso di pranzare qui. Quando ci videro, entrambe ripulirono velocemente le loro minuscole scatole per il bento.

“Bene, allora cominciamo.”

“M-Mi affido a voi.”

Totsuka fronteggiò Yukinoshita e le fece un piccolo inchino.

“Come prima cosa dobbiamo aumentare la massa muscolare di cui Totsuka è totalmente carente. I bicipiti, i deltoidi, i pettorali, gli addominali, i muscoli obliqui, quelli dorsali e quelli femorali. Faremo dei piegamenti, così da farli crescere tutti insieme… Per ora, per favore date il vostro massimo finché non state per morire.”

“Ehi, Yukinon sembri così intelligente… Eh? ‘Finché non state per morire?”

“Esatto. Più danneggi i muscoli, più questi provano a ripararsi, ma ogni volta che si riparano le fibre muscolari diventano sempre più forti. È quella che viene definita ‘super-compensazione’. Per capirci, se ci darete dentro fino a che non state per morire allora riuscirete a migliorare in un sol colpo.”

“E che cavolo, non siamo mica dei Saiyan…”

“Beh, non è che si possa aumentare la massa muscolare immediatamente in questo modo, ma è utile anche per il vostro metabolismo basale.”

“Metabolismo basale?”

Potevo immaginare un punto di domanda sopra la testa di Yuigahama. Ma davvero non sapeva nemmeno questo? Yukinoshita sembrò presa di sprovvista. Ma forse decise che fosse meglio spiegarlo piuttosto che mettersi a incolpare qualcuno, e quindi proseguì con un veloce riassunto.

“Per farla breve, è un modo per rendere il corpo più adatto a sostenere sforzi. Se il tuo metabolismo basale aumenta, allora diventa più semplice per te bruciare le calorie. Si può anche dire che aumenta l’efficacia della conversione energetica del corpo.”

Yuigahama annuì a quella spiegazione. Improvvisamente le luccicarono gli occhi.

“Diventa più semplice bruciare calorie… Ma quindi perderemmo peso?”

“Direi di sì. Quando respiri o anche semplicemente digerisci sarai in grado di bruciare calorie più facilmente, quindi dimagrirai anche svolgendo le attività di ogni giorno.”

Le parole di Yukinoshita fecero brillare ancora di più gli occhi di Yuigahama. Per qualche strano motivo sembrava che adesso fosse addirittura più motivata di Totsuka. E la motivazione di Yuigahama in qualche modo fece scattare qualcosa anche in lui, che strinse con forza i pugni.

“A-Allora proviamoci.”

“L-Lo farò anch’io!”

Totsuka e Yuigahama si sdraiarono supini e incominciarono lentamente a fare i piegamenti.

“Nngh… khh, fuu, hah…”

“Ooo, khh… nnngh, hahh, hahh, nngh!”

Sentii il loro respiro diventare affannato. Avevano i volti contorti dalla sofferenza, incominciarono a sudare e le loro guance si arrossarono. Forse le braccia esili di Totsuka lo rendevano ancora più impegnativo per lui, ma occasionalmente lanciava sguardi imploranti verso di me. Quando mi guardò in quel modo dalla posizione in cui si trovava… Non saprei… Mi fece sentire un po’ strano.

Quando le braccia di Yuigahama si piegarono vidi di sfuggita la sua pelle radiosa sotto il colletto della tuta. Non va bene. Non posso fissarla così.

Il mio battito cominciò ad accelerare al punto che avrebbero potuto diagnosticarmi un’aritmia.

“Hachiman… Che succede? Non so perché, ma mi sento come se fossi in paradiso…”

“Che coincidenza. Vale lo stesso per me.”

Ci scambiammo qualche sguardo e sorridemmo, ma poi sentii una voce gelida provenire da dietro, che ebbe su di me lo stesso effetto di una doccia gelata.

“Che ne dite di mettervi a fare esercizi anche voi due così da distogliervi da certi pensieri osceni?”

Quando mi girai vidi Yukinoshita che mi guardava con un’espressione carica di disprezzo. ‘Pensieri osceni’… Che ci avesse scoperti?

“E-Ehm. È una regola base nel codice guerriero non tralasciare mai di allenarsi. Credo proprio che mi eserciterò anch’io!”

“G-Giusto. Essere fuori forma è preoccupante. Potresti prenderti il diabete, la gotta, la cirrosi o anche peggio!”

Con vigore preoccupante, ci buttammo a terra entrambi e incominciammo anche noi a fare i piegamenti. A quel punto Yukinoshita mi girò intorno e mi si parò davanti.

“Quando fai questi esercizi, mi sembra quasi una nuova forma di kowtow.”

Yukinoshita parlò così e poi sogghignò.

Maledetta, cos’ha appena detto? Anche nel caso di una persona pacifica come me, sentire parole così irritanti avrebbe potuto destare qualcosa in me. Eh… Ma destare cosa, di preciso? Al massimo avrebbe potuto destare una nuova passione moe per i piegamenti.

Ma noi… Che diavolo stiamo facendo?

Conoscete il detto ‘Abbastanza grani di polvere fanno una montagna’? O forse ‘Tre teste sono meglio di una’. In altre parole, quando un gruppo di persone si riunisce, questi diventano più forti e sicuri.

Però noi eravamo un gruppo di falliti che si era riunito per fare cose inutili.

In definitiva passammo l’intera pausa pranzo a fare piegamenti. E io passai l’intera notte a contorcermi dal dolore causato dai miei muscoli infiammati.


[1] Kita no Kuni kara è un live action drama di 24 episodi, trasmesso su Fuji TV dal 9-10-1981 al 26-3-1982 e ambientato nella città di Furano, nell’Hokkaido, che racconta la storia della famiglia Kuroita

[2] gruppo idol molto popolare negli anni ‘80

[3] L’onigiri è una torta di riso a forma triangolare, che spesso ha un ripieno (in questo caso del tonno).

[4] Pare che contenga spaghetti di soba e altra roba. O almeno così dicono…

[5] Finisce le frasi con ‘-nari’, tipico di quel personaggio.

[6] Il detto implica che i leoni allevino i loro cuccioli sottoponendoli a molte prove difficili. Ovviamente la parte finale in cui ‘li uccidono’ è un’aggiunta di Yukinoshita che non c’è nell’originale.

[7] In realtà scrive in hiragana, cosa che dà una sensazione infantile e informale.

[8] Intende il timbro con la sua firma.

[9] Il Kabuki è uno spettacolo teatrale danzante tradizionale giapponese, noto per i costumi pittoreschi e per la sua struttura lunga e lenta. Il suono a cui si riferisce Hachiman è tipico di quegli spettacoli.

[10] Il kanji usato nell’originale significa ‘forte nemico’, ma la pronuncia data è quella di ‘amico’.

[11] Un videogioco boardgame, simile a Monopoli.